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Stendhal inventore
“Ovvero il viaggio inventato di Stendhal in
Calabria”. Stendhal amava viaggiare, in Italia, ma non fu mai in Calabria,
anche se ne scrisse. Di se stesso dicendo, ricorda il compianto memorialista
napoletano, che era “très, très menteur”.
Fu in Sicilia - che molto gli “disse”, benché la trovasse “un pezzo d’Africa”
(che non conosceva) - ma saltando la Calabria. Alla maniera di Ferdinando IV,
che lui stesso ricorda, che fu in Sicilia, portato dagli inglesi, ma di suo non
aveva mai varcato l’Appennino o traversato il Sele per conoscere le terre di
cui era re.
Della Calabria dice quello che si diceva a Parigi,
dopo l’avventura napoleonica: che era terra di briganti, che si erano opposti
alla civiltà. Una fonte potrebbe essere stato l’abate Bartolomeo Nardini, che
nei “Pensieri e ricordi” di Palmieri di Micciché, 1823, fonte sua volta molto apprezzata da Stendhal, a
Parigi ne parla molto male (ignorato dalla Treccani, l’abate fu autore di un
lamento su “La rivoluzione napoletana del 1799” - la Calabria deve molto della sua fama a Napoli).
Un minuscolo tassello della inesauribile
stendhaliana, la Calabria non c’entra. Unica curiosità è che secondo Léon
Lambert, un amico di Stendhal che molto viaggiava per l’Italia, a lui sempre
caro (lo aveva conosciuto a Marsiglia, dove risiedette tra il 1805 e il 1806
alle gonne dell’attrice Mélanie Guilbert), Puglia e Calabria erano fra le terre
più ricche del regno di Napoli. Ma gli uomini erano come morti. Soprattutto le
donne.
Atanasio Mozzillo, Stendhal au bout d’Italie,
Rubbettino, p. 96 € 5,15
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