Racconti del “Fabulierenbuch” del 1935, quando la
vena di di Hesse è già saldamente ancorata al “modello religioso, e persino
paraliturgico, del «leggendario»” (Cusatelli). Una pubblicazione come un addio?
Non del tutto. Sono racconti scritti molti anni prima, e con la guerra in mezzo,
tra il 1905 e il 1918. Esili, ma a cui
Hesse teneva, chiamandoli fabulieren,
favoleggiare.
Il più ambizioso è il primo, 1904, “Il narratore”:
mette in scema “un religioso dai capelli bianchi”, in “un convento situato
nell’alto Appennino toscano”, con in mano “né preghiere né meditazioni, e
nememno le Vitae Patrum, bensì una
raccolta di novelle”. È “un Novellino in lingua italiana”, le cui “pagine ben
stampate celavano ogni sorta di raffinatezze e di grossolanità”. Entriamo in
clima boccaccesco? No, il santo religioso, stimolato da giovani visitatori
ammirati, racconta come da ragazzo lui e suo cugino si erano invaghiti di una
bella donna, sposata, a un ricco bolognese.
Nel racconto del titolo un vecchio conoscitore di
sapienza antica, greca, scopre Shakespeare. Poi Hamusn. Poi Tolstoj, con le
poesie di Richard Dehmel. Poi, con sant’Agostino, Dostoevski. Ma non succede
nulla – qui come altrove. L’ultimo racconto, “Nel padiglione del giardino”, è
quello famoso di Waiblinger e Mörike che portano Hölderlin a passeggio, sulle
rive del Neckar e su in alto, al “padiglione” dell’aiutante maggiore Presse
“che in estate veniva sempre ceduto agli studenti e che già da qualche tempo, se
il tempo era buono, ospitava Waiblinger anche di giorno”.,
Con la presentazione di Cusatelli, il germanista
insigne che fu specialista dei rapporti culturali tra Italia e Germania, una
cronologia di Hesse, e una lunga nota bibliografica, specialmente curata per le
edizioni in italiano.
Hermann Hesse, L’uomo con molti libri, Studio
Tesi, pp. 123 € 12,50
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