Costa e Meloni, è l’Europa dei governi
Senza i soliti abbracci d’uso a
Bruxelles, ma diretta e pratica, la prima visita del neo-presidente del
Consiglio Europeo, il socialista Costa,
è stata a Roma, governata dalla destra. Nel Consiglio contano i governi, e
Costa, che per dieci anni è stato anche a capo del governo del Portogallo, sa
cos’è la politica, e come va agita.
La visita non è stata seguita da
nessun annuncio particolare, ma è un segno d’attenzione, necessario in una
Europa che ha molti governi di destra: con Meloni si può, intende Costa, e si
deve parlare. È questa la chiave del successo inatteso, finora, di Meloni a
Bruxelles, su tutti i temi da lei posti in agenda, bilanci, immigrazione e Mediterraneo.
Si sono precisate nella stessa
giornata le dinamiche europee anche al Parlamento. Più che la rappresentanza
contano i poteri, l’esercizio dei poteri, anche minimi. È così che il Pd, che
ha nel Parlamento europeo la rappresentanza più folta del gruppo socialista-democratico, è rimasto in corsa per
la presidenza di una soltanto delle venti Commissioni – dove si decidono
l’agenda e le proposte di legge (forse per Decaro, l’ex sindaco di Bari, in virtù
dei tanti voti personali raccolti). E si precisa che von der Leyen, “scelta e
imposta” da Francia e Germania, ha avuto solo 26 o 28 suffragi sugli 81 francesi - il capo degli Insoumis, che hanno votato contro, si è poi fatto fografare nel solito abbraccio a von der Leyen.
L’Europa funziona come una
federazione loose, allentata, di una
trentina di governi, e questi contano: i bilanciamenti, e le alleanze. Non su
linee di partito, ma di governi.
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