Giallo morto
Titolo suggestivo, poiché c’entra il giornalismo,
quello scandalistico e quello d’inchiesta – ugualmente assassini. Ma le morti
alla fine vanno per una mezza dozzina. E con stravolgimenti caratteriali poco
comprensibili.
Una lettura impervia. Ma non per questi motivi, il
giornalismo, i morti, i personaggi. Si gira pagina per finirla.
C’è anche un’altra location, Madrid in aggiunta alla Barcellona solita di Petra
Delicado, l’ispettore domina. Che è
una bella sorpresa, molto lodata (in chiave antisecessione?), per la provincialotta
catalana. Ma non aiuta.
È che ci si mette troppo, con paginate ripetitive che
non si sa se saltare. Si vede che il giallo popolare, di cui Giménez-Bartlett è
regina, richiede molto rigaggio inutile. Come stai? Come sto? Il panino, la birra,
il churro, la tapa, e il whisky naturalmente, ogni poche pagine.
Il modello – la colpevole - sembra Agatha Christie, dello schema Poirot, "Sfida a Poirot", il mondo è pieno di brave persone che fanno brutte cose: delle molte parole, e delle tracce irrintracciabili, se non per l’esito finale. Ma senza le caratterizzazioni della Christie, o allora tiepide. E,
appunto, stravolte.
In aggiunta lo stucchevole “corretto” dell’epoca,
fine Novecento: la borghesia, i conti truccati, la Svizzera, e il body-caring, il primo street food.
Alicia Giménez-Bartlett, Morti di carta,
Sellerio-Corriere della sera, pp. 351 € 9,90
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