Il mercato dell’immigrazione
Sarà vero che i caporali sikh
dell’agro pontino pretendono 17 mila euro per procurare un posto di lavoro, a 4 euro l’ora, e si pagano trattenendo la
(miserabile) paga?
Molta informazione sull’immigrazione
è falsata. Dalla disattenzione. E dal modo d’essere e di esprimersi sotto il
Sahara, per cui tutto è possibile, e il contrario di tutto – uno storytelling condiviso con la cultura
indiana, compartecipativa pur tra le sue differenti articolazioni, religiose e
etniche, a cui riesce ostico il principio baconiano che una cosa è oppure non
è, ma non può essere una cosa e l’altra, il suo opposto.
Però i fatti ci sono. E il primo,
mai spiegato, è la prostituzione nigeriana
in Italia, che prospera da cinquant’anni. Di un paese cioè non limitrofo, né raggiungibile
in barchetta. Ma dove si arriva in aereo, e quindi con visto d’ingresso.
Quarant’anni fa, o cinquanta,
quando le prostitute nigeriane viaggiavano a una certa ora di sera in vagone riservato da Livorno, dove
abitavano, in Versilia, dove lavoravano, ognuna con la sua postazione precisa.
Oppure, trent’anni fa, gestite a Castelporziano, davanti alla tenuta presidenziale,
da rigide maman. Nel lavoro
quotidiano la mattina (cominciavano la mattina presto), come nelle feste, con estetista e abito di rito.
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