Cerca nel blog

mercoledì 3 luglio 2024

Il presidente Scalfaro, golpista con le mani giunte

Libro regalato, perfino cellofanato?, e per questo non letto? Fino all’intervista allo stesso “Corriere della sera” del cardinale Ruini, il 16 giugno, che confermava a Verderami quanto lo stesso giornalista aveva scritto in questo libriccino d’occasione due anni fa, nell’intervallo fra la prima e la seconda presidenza Mattarella. Che nel 1994 l’allora presidente Scalfaro aveva deciso di buttare giù il governo eletto Berlusconi e per questo aveva chiesto preghiere e un aiutino al cardinale, in quanto presidente della Cei, e al Vaticano, nella persona del segretario di Stato Sodano.
Non è la sola sorpresa. Il volumetto è fatto di tanti medaglioni quanti sono stati i presidenti, ognuno immortalato anche da una vignetta di Giannelli, per metà a opera di Elisabetta Rosaspina e per metà di Francesco Verderami. E nel ritratto di Scalfaro che fa Verderami c’ è anche altro. Il presidente beghino, che pregava sempre per tutti e a tutti chiedeva di pregare per lui, e non poteva cominciare la giornata senza la messa (in Cina si era portato un cappellano militare, che gliela officiava in albergo), tradiva tutti. Avallò il golpismo della banda Borrelli, col rifuto di firmare, in obbedienza all’ingiunzione del Procuratore milanese, la riforma del finanziamento dei partiti - che agli amici invece aveva detto cosa buona e meritevole. Per conto suo bloccò l’inchiesta sull’“uso improprio”, quando era all’Interno dei “fondi neri” dei servizi segreti, col famoso “Non ci sto” – “uso improprio” che c’era stato, non contestato. E non solo mandò a casa comunque Berlusconi, lo aveva fatto anche con Ciampi: “Nel gennaio del 1994 scioglie le Camere malgrado il governo Ciampi abbia ancora una maggioranza”. Un eccesso di potere da Regina Coeli.
Un aureo libretto. Di ritratti d’archivio, di cose note (a parte il golpismo di Scalfaro), ma di tratti  deliziosi, specie quelli di Rosaspina, in punta di penna. Cominciando da De Nicola, il presidente che “a forza di tirarsi indietro fece molta strada” (Domenico Bartoli). O da Einaudi con le sue precoci delusioni da giornalista. Più politici, quelli dei presidenti più vicini a noi, di Verderami.    
Venanzio Postiglione,
Il Colle d’Italia, “Corriere della sera”, pp. 95 pp.vv.

Nessun commento: