Il presidente Scalfaro, golpista con le mani giunte
Libro regalato, perfino cellofanato?, e per questo
non letto? Fino all’intervista allo stesso “Corriere della sera” del cardinale
Ruini, il 16 giugno, che confermava a Verderami quanto lo stesso giornalista
aveva scritto in questo libriccino d’occasione due anni fa, nell’intervallo fra
la prima e la seconda presidenza Mattarella. Che nel 1994 l’allora presidente
Scalfaro aveva deciso di buttare giù il governo eletto Berlusconi e per questo
aveva chiesto preghiere e un aiutino al cardinale, in quanto presidente della
Cei, e al Vaticano, nella persona del segretario di Stato Sodano.
Non è la sola sorpresa. Il volumetto è fatto di tanti
medaglioni quanti sono stati i presidenti, ognuno immortalato anche da una vignetta
di Giannelli, per metà a opera di Elisabetta Rosaspina e per metà di Francesco
Verderami. E nel ritratto di Scalfaro che fa Verderami c’ è anche altro. Il presidente
beghino, che pregava sempre per tutti e a tutti chiedeva di pregare per lui, e
non poteva cominciare la giornata senza la messa (in Cina si era portato un
cappellano militare, che gliela officiava in albergo), tradiva tutti. Avallò il
golpismo della banda Borrelli, col rifuto di firmare, in obbedienza all’ingiunzione
del Procuratore milanese, la riforma del finanziamento dei partiti - che agli
amici invece aveva detto cosa buona e meritevole. Per conto suo bloccò
l’inchiesta sull’“uso improprio”, quando era all’Interno dei “fondi neri” dei servizi
segreti, col famoso “Non ci sto” – “uso improprio” che c’era stato, non
contestato. E non solo mandò a casa comunque Berlusconi, lo aveva fatto anche
con Ciampi: “Nel gennaio del 1994 scioglie le Camere malgrado il governo Ciampi
abbia ancora una maggioranza”. Un eccesso di potere da Regina Coeli.
Un aureo libretto. Di ritratti d’archivio, di cose
note (a parte il golpismo di Scalfaro), ma di tratti deliziosi, specie quelli di Rosaspina, in
punta di penna. Cominciando da De Nicola, il presidente che “a forza di tirarsi
indietro fece molta strada” (Domenico Bartoli). O da Einaudi con le sue precoci
delusioni da giornalista. Più politici, quelli dei presidenti più vicini a noi,
di Verderami.
Venanzio Postiglione, Il Colle d’Italia,
“Corriere della sera”, pp. 95 pp.vv.
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