La verità sull’Ucraina non si può dire
Carlo
Rovelli, opinionista insigne al “Corriere della sera”, è duramente declassato
oggi: niente prima, confinato alla p.43, e taglio basso, sotto un titolone sul
festival “Passaggi” (“Assaggi”), una di quelle pagine che si “saltano” - buone per
tenere su la pubblicità. Perché? Per due motivi, anzi per uno. In una riga dice
che “le grandi potenze non tollerano missili nucleari troppo vicini”. E in un’altra
che dice che “la cosiddetta rivoluzione di Maidan” in Ucraina nel 2014, è “giudicata
diversamente da parti diverse”. Che sono cose che si sanno, ma non si devono
dire? Per un motivo? Per un ordine? Di chi? Di che?
L’insigne
fisico vuole dire che la guerra in Ucraina ha dei precedenti e dei motivi. E che
la fine della guerra passa per l’Ucraina stessa, che l’ha cominciata.
E
si è dimenticato il terzo punto – o l’articolo è stato tagliato, “per motivi di
spazio”? Che l’Ucraina a un certo punto, sempre nel 2014, ha sconfessato gli Accordi
di Minsk che aveva appena firmato, per l’intermediazione del presidente francese
Hollande e della cancelliera Merkel, sull’autonomia “di tipo Alto Adige” per le
regioni orientali (Donbass), a larga presenza russa.
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