domenica 7 luglio 2024

Le due Resistenze – le due narrazioni

Un racconto-verità. Tra fine 1943 e primi del 1945, nelle valli di Comacchio, della guerra civile, tra i fascisti, con i volenterosi collaboratori, comandati dai tedeschi, le esecuzioni sommarie, i lavori forzati in Germania, e la Resistenza, politica, organizzata, e occasionale, disperata. L’“Agnese” del racconto è personaggio reale, assicura l’autrice in una nota al testo. E Renata Viganò stessa è personaggio in dramma, “Contessa”, alla macchia con un bambino piccolo, nelle alterne vicende del marito, comandante di formazione partigiana, prigioniero dei tedecshi e poi evaso, per diciannove lunghi mesi.
Un racconto sommesso, mai un trionfalismo. Ma alla rilettura datato, all’ombra delle “magnifiche sorti e progressive”, quali erano forse d’obbligo subito dop la guerra, quando il racconto fu scritto e subito pubblicato – Renata Viganò era personaggio letterario noto, poetessa esordiente già a dodici anni, nel 1912. L’uscita occasionale in questa serie del “Corriere della sera” dopo “Il partigiano Johnny” delinea due modi di raccontare (avere vissuto?) la Resistenza. Quella fattuale, anche nela sua casualità, di Fenoglio, della narrazione piemontese in genere, di Pavese e si può aggiungere di Calvino (“Ultimo viene il corvo”, “Il sentiero dei nidi di ragno”), e quella invece, più o meno, di partito, politica, pedagogica.
Renata Viganò, L’Agnese va a morire, “Corriere della sera”, pp. 287 €8,90 
 

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