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mercoledì 10 luglio 2024

Non c’è Procuratore innocente – o gli ominicidi in Usa

Il vice-Procuratore concorre al posto di Procuratore Capo, vince l’elezione popolare, e incrimina l’altro Vice, il suo vecchio collega, fedele al Procuratore Capo uscente. Segue una causa lunga mezzo volume.
Questo romanzo del 1987 di Scott Thurow, dieci anni dopo l’esordio come scrittore, deve molto alla sua precedente esperienza di assistente del Procuratore  Capo di Chicago, ed è definito una sorte di capostipite del legal thriller. In realtà, è la storia di una vendetta, femminile. Un aspetto della famiglia americana di cui non si parla: gli ominicidi, più determinati anche se (molto) meno numerosi dei femminicidi. In forme anche sottili, studiate, fredde, oltre che violente. Un aspetto della libertà della donna americana, che l’ha avuta e l’ha esercitata da sempre, con decisione, anche se di questo non c’è traccia nella storia americana – l’ha esercitata in famiglia, su questioni familiari. Thurow è maestro di questo: della donna che si prende il suo piacere con chi vuole, senza limiti, di pratiche e di scelte, e della donna che si vendica, con astuzia, con freddezza. La gelosia è ingrediente femminile molto americano - come in Italia dovremmo sapere dal caso di Meredith Kercher, assassinata senza altro movente.
In tema di
legal thriller, è curioso che negli stessi anni l’Italia si studiava di introdurre il “processo accusatorio” all’americana, con l’allargamento spropositato dei poteri e delle pratiche delle Procure – con gli effetti che conosciamo, trent’anni di dominio dell’opinione pubblica, a fini funesti. Poteri e pratiche che nel romanzo, sempre avvincente, costituiscono la sua prima lunga parte. In una America peraltro che sembra molto democristiana, e meridionale: il posto, la raccomandazione, le clientele, i tradimenti, i pettegolezzi, anonimi e non.
Scott Thurow, Presunto innocente, I Miti, pp.604 € 7,90

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