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Un monumento a Roma monumentale
Morte è vita. Passione è corruzione. Senza prevenzioni,
neanche etiche. Di soldi, di sentimenti. Ma senza filosofie, non dette.
Greenway ha voluto, nella maturità, 1987, ricreare
le sensazioni di ebrietà, stordimento, del suo primo soggiorno a Roma, a 17
anni. “Ero studente d’arte, e studiavo la pittura del Rinascimento”, ha
spiegato, ma Roma, dove passò tre-quattro mesi, lo stordì con l’architettura –
le architetture, di fatto, lungo 2.500 anni.
La meraviglia qui impersona in un architetto, americano,
che arriva a Roma, con la moglie incinta, per organizzarvi una mostra dei
progetti di Boullée, l’architetto neoclassico francese del Settecento, che pensava
e disegnava “romano”, monumentale. Salvo scoprirvisi affetto da tumore al pancreas,
incurabile – l’abbaglio di Roma è irriproducibile, irripetibile.
Una trama come un’altra per raccontare le sensazioni
della prima visita. Della monumentalità, plurimillenaria, ineguagliata.
Qualcosa, intende Greenway, sempre sorprendente.
Un racconto di immagini, monumentali, più
massicce che ieratiche.
Peter Greenway, Il ventre dell’architetto, rassegne
varie
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