giovedì 22 agosto 2024

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (569)

Giuseppe Leuzzi


Si ridicolizza l’uso social questa estate di mandare due immagini, una del mare di mucillagini di Rimini o di Pesaro e una del mare blu di Soverato o Tropea. Quando non si denunciano ritocchi artificiosi per spargere veleno, magari a opera dei siti calabresi. Ma le mucillagini sono un fatto, “La Nazione-Il Resto del Carlino” non fanno che illustrare spiagge semideserte – col bagnino desolato: “Che ci sto a fare”. E non si parla della Versilia-Riviera Apuana, col mare sporco di tutti i detriti dei torrenti. Che si mangiano gli arenili. Tutte spiagge con le bandiere blu.
 
L’antimafia è solo inefficiente?
Falcone non parlava mai con la scorta, né buongiorno né buonasera, non la guardava nemmeno.
Le testimonianze dei capiscorta, Domenico Bessone e Francesco Mirabella, alla presentazione del film che si gira sul libro che Felice Cavallaro ha dedicato a Francesca Morvillo, concordano. “L’atteggiamento (era) piuttosto formale”, dice di Falcone Mirabella. Che dal giudice fu anche denunciato per “abbandono di posto di lavoro”, una sera che, dopo ripetute richieste se aveva bisogno della scorta otre l’orario, per chiedere l’autorizzazione al prolungamento dell’orario di lavoro, “lui si irritò molto e disse che non aveva più bisogno di niente”. Salvo che alle 21 decise di uscire. Da qui la denuncia – da cui Mirabella fu assolto.
Bessone invece non si capacita, dopo tanti anni, che via d’Amelio non fosse stata “bonificata”, uno degli indirizzi soliti di Borsellino: “Non ci hanno mai dato la zona rimozioni. Noi avevamo fatto decine di relazioni perché sapevamo che in quel posto si poteva morire, soprattutto dopo l’attentato di Capaci”.  E da ultimo, tutto è possibile, commenta, “ma la strage di via D’Amelio proprio non l’accetto. Borsellino poteva essere ammazzato ma non in quel modo”.
Ma non c’è solo via D'Amelio, anche l’autostrada, dove fu preparato l’attentato a Falcone e Morvillo, all’altezza di Capaci. “La stessa cosa è accaduta con Falcone”, insiste Bessone: “Prima che il giudice venisse trasferito a Roma …. l’autostrada era oggetto di attenzione continua da parte della Polizia. C’erano pattuglie che andavano avanti e indietro giorno e notte. Poi tutto è finito”.
 
Il padrino? È della mafia
L’arcivescovo di Crotone e Santa Severina, mons. Angelo Raffaele Panzetta, sospende per cinque anni, dall’1 dicembre, padrini e madrine per battesimi e cresime. Perché dall’1 dicembre? Perché per cinque anni?
Analogo provvedimento, si apprende nell’occasione, è stato già adottato, a febbraio 2023, dall’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, per tre anni. Per tre anni, perché? Perché “questo ufficio ha perso l’autentico significato esercitato a nome e per mandato della chiesa, di accompagnamento nella vita cristiana del cresimato e del battezzato, riducendosi a semplice orpello coreografico”. Sì, ma perché a Palermo e Crotone e non a Cremona?
Sono proibizioni estemporanee che più che altro esprimono la confusione della chiesa. In contemporanea il vescovo di Locri, mons. Oliva, informa il giornale, “ha lanciato la preghiera quotidiana per la pioggia” – “il testo, elaborato dall’eremita Mirella Muià, parla dell’egoismo umano in questi tempi di aridità”. Ma è un tipo di confusione  speciale, che si registra solo al Sud. La chiesa sa essere altro – la chiesa è ben l’organismo politicamente più storicizzato (flessibile) che esista: se c’è qualcuno che sa che una cosa significa una cosa oggi e un’altra domani è la chiesa, lo sa perché l’ha insegnato.
Perché al Sud e non al Nord? Perché Lorefice, Oliva e Panzetta sono prelati del Sud. E il Sud sa solo pensare a se stesso in termini di mafia. Come uno che si facesse una prigione e vi si rinchiudesse, protestando libertà. Per il preconcetto che il Sud è mafioso – anche se il padrino è diventato mafioso in America
“Quem Deus vult perdere, dementat prius”?  a coloro che vuole perdere Dio toglie prima il senno? Sì, ma questi sono al comando. La chiesa romana ha il merito fra i tanti di avere inventato la democrazia moderna, seppure per cooptazione – è stata ed è il maggiore ascensore sociale, in qualche modo libero (meno appiccicoso, per quanto gerarchico, che in altre gestioni). Ma l’ascesa sociale non libera, contrariamente alla vulgata che i poveri fanno migliori ricchi, gli ignoranti migliori sapienti (il “contadino filosofo”), i convenzionali migliori cittadini. La libertà è esercizio, non facile. E richiede giudizio.  
Panzetta non lo dice, ma Lorefice lo dice, e non sono i soli segni di confusione. Quasi quasi uno si dispiace per la chiesa – che sia mandata in malora dalla mafia, dallo spettro della mafia (ma che chiesa è?).
Certo, bisogna capirli, questi vescovi, sono gente di sacrestia, senza nozione di mondo. Però, a Locri avevano un vescovo di fuori, Bregantini, nominato dal coraggioso Woytiła, che aveva ripulito la diocesi dall’Anonima – si dice per dire – Sequestri, e rilanciato il circondario in immagine e in opere, e l’hanno allontanato – per mafia…. Deus dementat?
 
Ma il Sud non è autonomo, non sa esserlo
In Calabria non si parla del Ponte, o poco e niente. Giusto per dire che sono partiti gli espropri, che pagano bene (pare, nessuno sa nulla in realtà, giusto qualche voce) e nient’altro. Non una voce a difesa dell’area che verrà distrutta o sarà di rispetto, all’ombra per sempre e sotto le polveri.  
Per la Calabria il Ponte è solo un danno, ma nessuno l’ha mai detto. Una valutazione d’impatto ambientale? E perché? Quattro o cinque paesi verrano sacrificati, per le fondazioni, gli accessi, le aree di rispetto, nomi anche importanti, per bellezza, storia, caratterizzazione, Bagnara, Scilla, Cannitello, Villa San Giovanni, Punta Pezzo etc., e niente. Un bene naturale – sul tipo delle Cinque Terre per intendersi – sacrificato. E Reggio Calabria definitivamente isolata, un cittadone sperduto sullo Stretto.
Per che cosa? Pochi credono che il Ponte sarà mai ultimato. Ma anche se lo sarà, la Calabria è un luogo di passaggio, che deve sostenere il traffico della Sicilia. È un po’, in piccolo, il problema delll’Austria, del Tirolo, che deve sostenere il traffico tra l’Italia e la Germania. Con la differenza che il Tirolo lo sa, e in qualche modo si difende, ci prova, la Calabria invece mostra di non saperlo neppure – si parla perfino di un contributo della Regione Calabria al Ponte..…
Su questo sfondo il dibattito sulle autonomie, differenziate o non, è solo disperante. Non c’è autonomia al Sud, capacità di autonomia. Non c’è in Calabria, ma in fondo in tutto il Sud, capacit o voglia di autogestione, capacità politica. Al Sud, dopo il movimento unitario, sono quasi due secoli, è mancata la politica. Totalmente. Assolutamente. Ci sono stati presidenti del consiglio e presidenti della Repubblica meridionali ma non c’è stato un Sud politico, in grado o con la voglia di capire e di fare. Di utilizzare le leggi, di mettere a fuoco i problemi e inciderli con le leggi. O se lo ha fatto, è per il “posto”, per un posto, qualsiasi, proprio alla Checco Zalone.
La Calabria ha la colpa di essere attanagliata da Napoli e dalla Sicilia – non danno scampo. Ma non accenna più, nemmeno una finta, una lamentela, a difendersi. Una proposta, anche modesta.
 
Cronache della differenza: Puglia
“Un giorno nella spiaggia più cara d'Italia, nel Salento: «1.200 euro in due giorni, ci hanno dato pure lo Champagne»”, con la c maiuscola, scopre Elvira Serra sul “Corriere della sera” a Pescoluse, nel Salento – o glielo fa scoprire l’agenzia pr, milanese?, che propaganda il resort? Quarant’anni fa, ancora trent’anni fa, il senatore Gennaro Acquaviva provava ad animare un’economia morta col lavoro “ben fatto” a domicilio, abbigliamento e arredamento. Ma uno non sa se congratularsi.
 
“Estate flop nei lidi dela Puglia”, titola un mese dopo lo stesso giornale: “Calo di affari per  40 milioni. Le famiglie sono le grandi assenti, lamentano gli operatori”. Le “famiglie” non possono, certo.
 
Una volta Puglia era sinonimo di levantinismo, fiuto per gli affari: sapeva comprare, e anche vendere. Con la managerialità, le promozioni, l’immagine, e tutto il superfluo, il fiuto basico è svanito? O la Puglia, più semplicemente, è vittima del lombardismo, si milanesizza? Ma non al modo di Celentano, di Abatanuono, dello stesso Modugno volendo: alla Checco Zalone, alla Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo.
 
L’allenatore della Carrarese, che ha portato la squadra alla serie B, forse per la prima volta, è salentino. Si chiama Calabro, non accentato. Di quando il Salento era Calabria, una terra cioè bella e ricca, dice il nome.
 
Tallona la Toscana per numero di b&b, non si può dire che sia fuori mercato. La Toscana, 3,7 milioni di residenti, ha il 12,9 di tutti i b&b italiani censiti a giugno, la Sicilia viene seconda, con l’11,4 – più della Lombardia, 10 milioni di residenti contro sei, 11,1. Ma la Puglia, con quattro milioni di residenti viene comodamente secinda dietro la Toscana (la Lombardia ne ha 54 mila, la Puglia 48 mila).
 
Per l’immagine della Puglia nessuno avrà fatto più di Meloni, che ci ha portato non solo il G 7 ma anche il papa. Dopo Moro che ha rifatto la Puglia, anni 1960, e D’Alema, che ha rifatto il Salento, anni 1990, hanno rifatto materialmente le due regioni, Meloni è quella che ha illustrato il nome. Ma al voto (poco, per la verità, appena 4 pugliesi su dieci hanno votato) ha preso poco più della metà del partito Democratico. La vecchia Dc – a cui la Puglia è sempre fedele - è quella “di sinistra”.

leuzzi@antiit.eu

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