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Dazi, contingenti e aiuti di Stato – la deglobalizzazione Usa
La
deglobalizzazione è iniziata prima di Trump, nella seconda presidenza Obama, 2012-2016,
con limiti e vincoli agli scambi commerciali. È quindi considerata una tendeza
di lungo periodo, del cosiddetto deep State, dell’interesse nazionale
americano. Quando si è aperta l’ipotesi che la Cina diventasse la maggiore economia
del mondo, e anche autonoma, con autonoma capacità di sviluppo, cioè, nella tecnologia.
Trump l’ha cavalcata. La presidenza Biden l’ha radicalizzata, con enormi aiuti
di Stato.
L’American
Rescue Plan (Arpa), la primissima legge di Biden, il piano per le
infrastrutture subito dopo, la legge per la transizione verde e le materie rare,
detta legge anti-inflazione, Inflation Reduction Act, e il Chips Act hanno pompato quantità immani
di fondi federali nell’economia.
L’impatto
dei dazi e contingenti all’importazione (“America First”) di Trump, e delle leggi
di sviluppo di Biden è visibile nell’irrobustimento dell’economia americana. Mentre,
per converso, il piano di stimoli europeo è praticamente fallito, il Pnrr. Per
essersi indirizzato non verso gli assetti produttivi ma verso la burocrazia,
incapace peraltro di progettare e spendere - comuni, scuole, ospedali.
La
Cina ha finito il ciclo della grande corsa, al 10 e più per cento di crescita l’anno
dell’economia. Con una demografia calante, e un invecchiamento della
popolazione. Le previsioni sono di un’economia cinese che dimezza il tasso di crescita,
per stabilizzarsi sul 3 per cento annuo all’orizzonte 2030. Ma anche in questo
ridimensionamento viene ancora considerata concorrente pericoloso.
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