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Giallo divino
“Da Jahvé a Voltaire”, da Dio al miscredente, sette
racconti “gialli” ante quem. Del
Buono si supera per ingegnosità – si superava, la raccolta è del 1991. Si
diverte a nobilitare la “tribù del giallo” – e/o a sfruttare su tutto il campo il
nascente boom del “giallo made in Italy”. Impiantandolo su radici solide: la
violenza è dappertutto. Non una grande invenzione, ma curiosa.
Una nota di Vittorini all’epoca ipotizzava “il giallo
come Ersatz del Sacro”, un
sottoprodotto o un surrogato – la violenza è con noi, unde malum, etc. Ma quello si sa, che siamo tutti buoni e tutti cattivi.
Più che altro l’idea di Del Buono è una curiosità, ancorché golosa.
Si parte da “Caino e Abele”, naturalmente. Seguiti
da “Susanna e il giudizio di Daniele”, e da “Daniele e i sacerdoti di Bel”. Poi
vengono Erodoto, “I tesori di Rampsinito”, “Le mille e na notte” col racconto “Alì
az-Zaibaq il Cairino”, l’ “Amleto” con l’episodio “la trappola”, “Il monaco che invocava Buddha”, uno de “I
casi del giudice Bao”, epoca Ming. Per finire con “Zadig o il destino”.
Si potrebbe continuare. Il giudizio di Salomone, perché
no. O il cavallo di Ulisse. O anche la mela di Eva - meglio: Dio e la mela
avvelenata di Eva.
Oreste Del Buono, I padri fondatori, Einaudi,
pp. 200 € 7,70
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