I classici asserviti all’asservimento
Sulla
domanda “classica”, da Sainte-Beuve a T.S.Eliot, Mukherjee, professoressa di
Inglese e Letterature Mondiali a Oxford, rilegge i classici alla luce delle
“riscritture” (presentazioni, analisi, proposizioni) post-coloniali. Del
secondo Novecento e dei primo Millennio, benché la sua ricerca si fermi al
2012, alla vigilia della pubblicazione. Nella letteratura inglese e in quella
anglofona. Questa di mezzo mondo: Asia, Africa, Australia, Nuova Zelanda, Medio
Oriente, West Indies, Europa, Nord America. Una rilettura anche dell’
“importanza” delle revisione critica postcoloniale, attraverso la sua
promozione - premi, distribuzione, adattamenti multimediali.
Una
rilettura vertiginosa. Che converge nell’assunto che i classici anche nell’era
postcoloniale non sono riletti criticamente ma in appoggio a una sorta di
“politica globale” intesa a perpetuare, attraverso di essi, l’impianto politico
anteriore, della graduatoria delle civiltà. Un tesi nemmeno eretica o
trasgressiva, contro il valore “universale” dei classici, tema anche questo
molto arato. Una ricerca vastissima, anche molto fondata, ma argomentata
politicamente.
Una
sarabanda, che stordisce più che convincere. Alla luce della critical theory, che intende
(intendeva?) fare piazza pulita di ogni assetto critico e ordinamento
accademico in essere, in quanto “occidentale”, coloniale, etc. Il colonialismo
c’è stato, il neo colonialismo pure, ma la riduzione di ogni prospettiva alla
“politica globale”, seppure non contestabile (Mukherjee ne sa di più), lascia
perplessi: è come leggere un pamphlet
politico, lungo e insistente, malgrado tanta dottrina.
Ankhi Mukherjee, What
is a Classic. Postcolonial Rewriting and Invention of the Canon, Stanford
Univ. Press, 2013 pp. 272 € 34
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