sabato 17 agosto 2024

Il mondo com'è (478)

astolfo

Barbizon – È il sito della Francia che Robert L. Stevenson ha a lungo prediletto: i villaggi di Barbizon e Greg-sur-Loing, e la vicina foresta di Fontainebleau, scrivendone diffusamente in “Attraverso le pianure”, il suo classico del girovagare – del trekking si direbbe oggi, che un sentiero è stato disegnato per gli amanti dello scrittore e dei boschi, chiamato col suo nome. Un mondo di campagna vicino Parigi - il paese di Fontainebleau è a una cinquantina di km dal centro della capitale (tema peraltro frequente, di molti racconti e romanzi, e di passeggiate d’autore, romantiche o solitarie): “Lo charme  di Fontainebleau è una cosa a parte. È un posto che la gente ama anche più di quanto lo ammiri.”. O anche: “Il posto è salutare (sanative), l’aria, la luce,  i profumi e le forme delle cose concordano in felice armonia.
Erano anche posti scelti da colonie di artisti, soprattutto i pittori, per la possibilità che offriva di lavorare a cielo aperto, allora molto apprezzata in pittura. Soprattutto Barbizon che ospitò una “scuola” a suo nome, di una certa fortuna, commerciale e di stima. Apprezzata in particolare per l’apprezzamento di Stevenson.  Che vi amava la vita di bohème, e a Barbizon fece la conoscenza di Fanny van der Grift Osbourne, poi sua moglie. Vi si recava di preferenza col cugino omonimo. Bob Stevenson e col comune amico Walter Simpson. Ci fu in vari periodi, dal 1875al 1881 - ad aprile, in questo ultimo soggiorno, di ritorno da Davos, dove aveva passato l’inverno per curare i polmoni. Ne scrisse diffusamente, oltre che in “Attraverso le pianure”, sotto il titolo “Fontainebleau”, anche nella raccolta “Eassays of Travel” (in it., in traduzione parziale, “Appunti di viaggio in Francia e in Svizzera”), sotto il titolo “Forest Notes”. Ne fece anche punto di riferimento di vari episodi narrativi, sicuramente “Il tesoro di Franchard” (1881) e “Il relitto”, 1892.
La “scuola di Babizon, di paesaggisti, attiva negli anni fra il 1830 e il 1880, annovera nomi affermati, Corot, che non vi risiedeva ma amava venirci per lavorare en plein air, Théodore Rousseau, che ne era l’animatore, Millet – e tanti altri: Daubigny, Diaz de la Pena, Palizzi.   


Jacques Santer
– Lussemburghese, ministro e primo ministro del granducato, designato dal partito Popolare nel quale militava – i democristiani europei – e successivamente governatore della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Bers) dei paesi dell’Est, ex comunisti, succedette al socialista Jacques Delors a capo della Commissione Europea di Bruxelles a gennaio del 1995. Resta negli annali come il presidente della Commissione di Bruxelles che si dovette dimettere, quattro anni dopo,  per accuse di corruzione.
Fu nominato presidente della Commissione all’unanimità dai governi Ue mentre si accingeva a un terzo mandato da primo ministro del Lussemburgo, a opera di Berlusconi e del premier socialista spagnolo Felipe Gonzalez, dopo lo stallo determinato dal rifiuto britannico di votare il belga Dehaene, che allo scrutinio preliminare aveva ottenuto i maggiori consensi. L’insediamento di Santer coincise con l’allargamento Ue a Svezia, Finlandia e Austria. Santer avviò i negoziati per l’adesione alla Ue dei paesi esteuropei, ma fu costretto alle dimissioni, a seguito di uno scandalo che aveva colpito diverse amministrazioni della Commissione (gli succedette Romano Prodi).
Le accuse furono gravi. Un audit indipendente sui bilanci della Commissione Santer, di esperti contabili nominati dal Parlamento europeo, accertò un buco di bilancio macroscopico, non denunciato. E una serie di operazioni corruttive: “frode, cattiva gestione, nepotismo,  favoritismi, contratti fittizi”. Sotto accusa soprattutto Edith Cresson, ex primo ministro francese, commissaria alla Ricerca.
Santer non fu coinvolto personalmente nello scandalo – non ci fu un processo vero e proprio, fu uno scandalo politico. Ma la Commissione di Bruxelles è articolata come la presidenza del consiglio italiana: se un ministro non si dimette, anche se colpevole di reati, il presidente del consiglio non ha il potere di rimuoverlo, per rimuoverlo deve dimettersi con tutto il governo. Nel 1995, visto il rifiuto dei commissari accusati di dimettersi, e l’impossibilità per il presidente della Commissione di rimuoverli, Santer si dimise con tutta la Commissione.
Il Parlamento, che aveva promosso il controllo contabile, aveva anche promosso e votato una mozione “di censura”, che, se approvata con due terzi del voto, avrebbe imposto la decadenza della Commissione – la censura passò a maggioranza semplice. Si convocò allora una commissione d’inchiesta. Che rapidamente chiuse i lavori scrivendo: “Non una sola persona nella commissione Santer ha dimostrato di essere affidabile”. Ne facevano parte, indicati da Berlusconi, Mario Monti e Emma Bonino.
Cresson aveva incautamente provocato l’audit iniziale, querelando il quotidiano francese “Libération”,  che l’aveva accusata di corruzione per la nomina di un dentista parigino, Philippe Berthelot, “visitatore scientifico” a Bruxelles. Cresson, socialista, ministro in vari governi e per un anno primo ministro sotto Mitterrand, fu famosa per avere adottato come macchina ufficiale una Lancia, la “Thema” – regalo personale, dell’Avvocato Agnelli? Poi, nello  scandalo, emerse che Berthelot era il suo amante.
 
Stati Uniti-Hitler
– Le aziende americane in Germania hanno continuato a produrre e vendere anche durane la guerra. Ford e General Motors perfino con la fornitura di mezzi pesanti e cingolati alla Wehrmacht, l’esercito tedesco. Fino ai motori per il  il nuovo caccia Me-262, il primo con propulsione a reazione. Esso e Texaco con la fornitura dapprima di petrolio e  poi con la produzione di benzina sintetica. Sono i casi maggiori di continuità industriale malgrado la guerra, a un certo punto dichiarata, fra Stati Uniti e Germania.
Dopo la guerra si è discusso a Washington se processare per tradimento le aziende coinvolte, per l’attività delle loro consociate estere. Ma non se ne è fatto nulla – eccetto qualche blanda multa. Jacques Pauwels, lo storico belga-canadese specialista del Terzo Reich, ha scritto molto sulla presenza e l’attività delle multinazionali americane nella Germania di Hitler. Allargando la ricostruzione ai grandi gruppi chimici, Du Pont, Union Carbide. E a General Electric, Itt, Ibm e Westinghouse, che collaborarono agli avvisatori radar di incursioni aeree, e a sistemi radio ad alta frequenza - così come alle incursioni aeree tedesche su Londra il primo anno di guerra, con componenti per le bombe-razzo.
Più nota la collaborazione finanziaria, delle grandi banche, inglesi oltre che americane, con Berlino. Soprattutto quando al Tesoro era Hjalmar Schacht, l’ex presidente della Bundesbank  “salvatore del marco”.    


astolfo@antiit.eu

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