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mercoledì 28 agosto 2024

Il mondo si restringe 2 – meno dollaro

Non soltanto nel commercio, un riallineamento è in corso perfino sul terreno monetario, dove pure la supremazia del dollaro è indiscussa. Cosa succederà non si può sapere, ma è chiaro che dopo il 4 novembre qualcosa succederà, vinca Harris la corsa alla presidenza americana oppure Trump. L’annuncio anticipato, irrituale, della Federal Reserve di un “prossimo” e “significativo”  allentamento della politica monetaria ne è un segnale.
Si sa del dollaro che è la moneta mondiale, un sorta di monopolio. E una sorta di “arma nucleare finanziaria” - e la vera arma di Washington, che sul piano militare tende invece a beccare. Non regolata da trattati o accordi di non proliferazione giacché è solo degli Stati Uniti. È anche noto che è stata usata “regolarmente”, quando cioè gli Stati Uniti ne hanno avuto bisogno. Nel 1971, nel pieno della guerra del Vietnam insostenibile, con la sospensione della convertibilità. Due anni dopo col rilancio in senso inverso, con la crisi petrolifera. Nel 1985 con l’“accordo del Plaza”, in senso inverso al 1973 (gli Stati Uniti si accordano con Giappone, Germania di Bonn, Uk e Francia per contrastare l’apprezzamento del dollaro, che rende le esportazioni americane troppo care). Ma le critiche crescono, che la più grade potenza sia anche “il più grande debitore del mondo”.
L’“uscita dal dollaro” è tema periodico. A lungo ha tenuto banco l’ipotesi del diritti speciali di prelievo, la media delle valute nazionali che è l’unità di conto del Fondo Monetario. Dell’uso crescente del yuan, la moneta cinese si parla da circa venti anni, da quando si è costituito il fronte politico dei Brics, 2001 (Brasile, Russia, India, Cina, poi, 2011, Sudafrica – oggi un fronte allargato a numerosi paesi, ma meno incisivo). Ora si progetta una moneta digitale “multi-banche centrali”, all’interno della Banca dei regolamenti di Basilea. Un esercizio futile? Ma ora le critiche recenti vengono dall’interno dell’America, per sottolinearne la vulnerabilità. Il disavanzo è sempre sostenuto, il debito cresce, ma i Treasury Us sono sempre in forte domanda. 
I titoli del Tesoro americano sono sempre stati i più ambiti e hanno attirato le maggiori risorse, da tutto il mondo. Gli investimenti esteri sono il più robusto supporto della potenza del dollaro. Ma questo rapporto è ora sentito come una dipendenza. Dalle autorità americane. E da investitori esteri importanti, con i quali i rapporti possono non sempre essere amichevoli. Oggi dalle petromonarchie e, di più, dalla Cina.
Negli ultimi quattro anni la Cina ha ridotto la quota delle sue riserve monetarie in titoli del Tesoro e delle agenzie americane dal 44 al 30 per cento. Uno sganciamento non decisivo ma sensibile. Più in generale, calcola il Fondo Monetario Internazionale, la quota in dollari nelle riserve globali è scesa nel Millennio, a fine 2023, dal 71 al 55 per cento.

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