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Il mondo si restringe
Gli Stati Uniti di Biden-Harris hanno alzato contro la
Cina per l’auto elettrica e il settore dell’innovazione energetica dazi del 100
per cento – imitati ora dal Canada, che pure non ha industrie nazionali di
questi settori da proteggere. Mentre Trump ha nel programma un dazio universale
del 10 per cento – del 60 sull’importazione dalla Cina. La Ue ha introdotto dazi
dal 18 al 36 per cento sulle auto di fabbricazione cinese – lasciando aperta
una trattativa, che Pechino ha accettato in linea di principo, ma il dazio è
già attivo. In entrambi i casi con decisione sovrana, senza cioè i sospetti o
le accuse di dumping, o di
concorrenza comunque sleale, che nel diritto commerciale internazionale
consentono teroicamente dazi e contingenti.
Dal Fondo Monetario il vice direttore Gita Gopinath
denuncia una “frammentazione” degli scambi commerciali analoga a quella degli anni
più rigidi della guerra fredda – il periodo più restrittivo per gli scambi
internazionalei della storia moderna e contemporanea. Se non che – ed è
un’aggravante – i pesi sono diversi oggi rispetto agli anni 1950-1960: allora
il peso economico e commerciale degli Stati Uniti era preponderante, tre volte
la quota dell’Urss nel pil mondiale, e addirittura dieci volte nel commercio
internazionale. Oggi il confronto Usa-Cina vede gli Stati Uniti secondi:
secondi nella quota del pil mondiale, 15,6 per cento nel 2023 contro il 18,7;
secondi nella quota delle esportazioni mondiali, 9,9 sempre nel 2023 contro
11,3. Per non dire del confronto demografico. Anche in
campo militare, dove il raffronto è impossibile, la Cina tuttavia è ben più
forte dell’Urss di settanta anni fa.
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