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Il senso di sé, un continente da scoprire
A Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto succedono Ansia, Invidia,
Imbarazzo e Noia. Riley è cresciuta, ha ora 13 anni, e le emozioni che la
agitano sono divese, a partire giustamente dall’ansia. Nel mentre che è al
campo estivo, a tentare di entrare nella squadra di hockey del college,
le Firehawks.
Le vecchie emozioni hanno creato nella sua mente una nuova sezione, il
Senso di sé, e Riley si avvia a un nuovo apprendistato anche emotivo. Anche perché
alla viglia del campo hockey risuona l’Alarme Pubertà.
Un’animazione affollatissima di personaggi e di voci, una trentina. Ma
riconoscibili, il racconto fila.
Aveva 11 anni Riley nel primo film, una ragazzina del Minnesota, in
disagio a San Francisco, dove il padre si era trasferito con la famiglia, che viveva
cinque esperienze, o “isole della personalità”: famiglia, onestà, “stupidera”
(la tentazione di fare e dire cose buffe), hockey e amicizia. Aveva un amico
imaginario, Bing Bong, una madre gentile e affettuosa, che anche lei viveva le
emozioni di Riley ma tutte di sesso femminile e a lei stessa irresistibilmente
somiglianti, e un padre, che viveva anche lui le emozioni di Riley ma di sesso
maschile, e dall’aspetto uguale a se stesso, abbigliamento, barba, baffi.
Non un trattato di psicologia, una favola. Nel sequel si vede
meglio che nel primo episodio. Molto ben raccontata: si entra nel mondo bambino
con grande interesse.
È anche la riprova di una autorialità molto brutalmente diversa. Il
regista è, quando lo è, un montatore, le produzioni sono dello studio,
nel caso della Pixar.
Kelsey Mann, Inside Out 2
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