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venerdì 23 agosto 2024

La Russia cerca posto nell'ordine multipolare - ma torna statalista

Un’idea controcorrente dell’imperialismo russo: la strategia di Putin non è restaurare l’impero, né costruirne uno nuovo, l’eurasiatico, ma stabilizzare il posto della Russia nel mondo multipolare, e mantenere la Russia nel solco di Pietro il Grande, in Europa. In raccordo con le potenze asiatiche e con gli Stati Uniti indifferentemente. Un’analisi che questi due anni e mezzo di guerra in Ucraina potrebbero suffragare: Mosca ha evitato ed evita un confronto diretto con gli Stati Uniti - e con la stessa Ue, anche se imbelle.
“Ideologie, Economie e Politica dalla fine dell’Unione Sovietica” è il sottotitolo: un’enciclopedia ragionata della Russia qual è, piuttosto che quella che si dice (che i servizi d’informazione dicono),  di una sociologa politica della Libera Università di Berlino, già alla terza edizione. Oggi è il fallimento della linea occidentalista  a dare il via al “contromovimento conservatore illiberale”. Come già nel secolo scorso, dopo il crollo dell’Urss. Alle elezioni dl 1996, cruciali per la definizione della nuova Russia, un forte movimento “nazional-comunista”, più nazionale che comunista, quello di Ghennadi Zyuganov, spinse Eltsin a chiedere l’aiuto dell’America. Clinton concesse un’apertura di credito per 10 miliardi di dollari, e Eltsin sottoscrisse, nel maggio dell’anno dopo, l’accettazione dell’allargamento della Nato in Europa orientale. Era anche la Russia della prima costituzione post-sovietica, del dicembre 1993, che escludeva “un’ideologia di Stato”, e riconosceva la prevalenza del diritto internazionale sull’ordinamento giuridico nazionale. Ma già il governo Primakov, nel 1998-1999, doveva virare verso uno “Stato forte e interventista”, per evitare i ricorrenti rischi di fallimento (default). Putin spiega il nuovo corso , all’avvio del primo mandato presidenziale nel 2001, premettendo al suo documento programmatico: “I principi universali dell’economia di mercato e della democrazia devono essere collegati organicamente alle condizioni specifiche della Russia". Un linguaggio misto, si può osservare, di nuove speranze e vecchie realtà. Ma in politica estera c’è, senza alcun tentennamento, nello stesso documento lo schieramento della Russia in Europa, in un progetto di “Grande Europa”. Ereditando da Primakov, già ministro degli Esteri, direttore dei servizi segreti esteri, direttore dell’Istituto moscovita di Economia e Relazioni Internazionali, la dottrina del multipolarismo: Mosca non può pensare in termini di superpotenza mondiale ma, nel “mondo multipolare”, mantenere i legami con l’Europa e gli Stati Uniti, e insieme aprire a Oriente, a Cina e India, i paesi di maggiore futuro.
Questa scelta di fondo resta valida, ma nuove tendenze sono emerse con l’allargamento della Nato all’Ucraina e alla Georgia, in funzione cioè dichiaratamente antirussa. Nell’ultimo decennio il quadro del multipolarismo nelle due ultime presidenze Putin è cambiato: riemergono le tendenze euroasiatiche. Al cui centro è scongiurare il bipolarismo Usa-Cina, che si vede come una sorta di confinamento della Russia. Ma, soprattutto, sono cambiati due punti focali rispetto alla Costituzione del 1993: la Costituzione del 2020, afferma apertis verbis “una nuova ideologia di Stato russa”.  Una ideologia “illiberale-conservatrice”, centrata sul concetto di “Stato-civiltà”. Con la statuizione della superiorità della giurisprudenza russa su quella internazionale – da cui i tanti processi politici, anche a carico di cittadini stranieri. Il nuovo Stato non è totalitario, ma è decisore e decisivo.     
Katharina Bluhm, Russland und der Westen, Matthes&Seitz, pp. 490, ril. € 33

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