L’africano è come noi
Fa senso leggere o vedere, per esempio in “Fratelli
Cabonai”, l’africano presentato, con le migliori intenzioni, umanitarie,
progressiste, perfino rivoluzionarie, come lo zio Tom. Magari giovane, ma sempre
“bovero negro”. Perché l’Africa non è questa, non è quella dello schiavismo – e
perché non c’è nulla di buono, per gli africani, in questo buonismo.
L’Africa, soprattutto a sud del Sahara, è diversa, ma
non per il colore, perché non si sa governare – non si sa come sarebbe possibile
governarla. Si governa da cinquanta-sessant’anni nella corruzione, il tribalismo,
le guere civili, gli assassinii e le legnate. Per ogni sorta di ragioni,
“religiose”, politiche, ideali, perfino “culturali”, ma al fondo sempre
ristrette al sopruso, e alla cosidetta indistinzione fra pubblico e privato,
cioè all’uso degli Stati e delle finanze publiche, compresi naturalmente gli
aiuti internazionali, Onu, Banca Mondiale, bilataerali, piuttosto massicci, a fini al più di facciata, palazzi, aeroporti, quasi sempre improduttivi, e a conti in Svizzera. È difficile
raccontare il non-sviluppo dell’Africa, malgrado risorse eccezionali e anche
trattamenti di favore nel commercio internazionale. Gli africani che scappano,
anche a costo di vivere in Europa o altrove di centesimi, fuggono da una
non-vita.
Sono persone che fuggono da una non-esistenza. Non è
comunque bagaglio di generosità o progressismo presentare l’africano come il
solito cugino povero a cui si deve compassione e aiuto. È un essere umano come gli
altri che tenta di rifarsi una vita. In condizioni – anche le peggiori
evidentemente – migliori. Perché non dire che scappa dall’Africa perché, quasi
ovunque, è diventata invivibile?
Questo sito ha
pubblicato una digressione qualche tempo fa che merita una rilettura
http://www.antiit.com/2021/12/gli-africani-sono-troppo-buoni-per-non.html
Un giovane africano è un giovane come gli altri, in
rotta con la famiglia, col villaggio, con la politica, in cerca di misurarsi
con se stesso e col mondo. Anche disadattato, perché no, è meglio – e più
giusto – considerarlo come tale se lo è. Anche quando non parla una lingua
europea – caso peraltro raro (quanti italiani parlano una lingua europea, o
imparano, essendo bergamaschi, il dialetto calabrese, o viceversa, essendo calabresi,
il bergamasco?).
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