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Ma la Cina siamo (un po') noi
C’è poco da scherzare con la Cina, come i media italiani
hanno fatto per la visita di Meloni a Xi: la Cina ora siamo noi. Non propriamente,
siamo noi in veste di richiedenti. Meglio ancora: lo è la Germania, cui il
sistema produttivo italiano è legato a filo doppio. Se bisognerà staccarsene,
per le strategie americane, calcola un rapporto della Bundebank, sarà “un colpo
enorme”.
La (ex) banca centrale tedesca conta 756 gruppi tedeschi,
banche e industrie, “particolarmente esposti in Cina”. Le banche hanno crediti
in essere con le imprese tedesche che hanno investito in Cina per 220 miliardi.
Un’esposizione non criticabile, giacché, a fronte di un 6 per cento quale quota
cinese degli investimenti esteri tedeschi, dalla Cina si ricava il 15 per cento
degli utili complessivi. Tanta redditività è ora un rischio.
Il rapporto Bundesbank spiega anche, citando i dati Bri,
della banca dei regolamenti internazionali di Basilea, che la Gran Bretagna è
ancora più esposta, con 238 miliardi solo a Hong Kong.
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