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domenica 4 agosto 2024

Ombre - 731

Non perde colpo Israele in Iran, uccide chi vuole quando vuole. L’Iran di Khomeiny è il paese col più alto numero di cittadini ebrei (all’infuori degli Stati Uniti), forse 35 mila, sicuramente 25 mila. Con un deputato per Costituzione al Parlamento, E numerose sinagoghe attive, specie a Teheran, una dozzina, alcune con scuole di ebraico. Questa guerra è speciale anche perché il fronte è frastagliato.
 
“Liquidato Hanyeh, il capo di Hamas”, annuncia il Tg1. Liquidato, come usava con Hitler e Stalin. C’è una continuità con la democrazia cristiana che sempre governa, un po’ da destra e un po’ da sinistra, la Rai e il Tg1 (governa in base alla famosa Riforma Rai, 1974): i regimi vogliono continuità.
 
L’incredibile Trump non si smentisce nella reincarnazione. In effetti, è stato un presidente, ed è un candidato presidente. Ma non è una novità, è uno dei tanti improbabili eletti alla presidenza degli Stati Uniti. Soprattutto nell’Ottocento. È anche vero che gli Stati Uniti hanno avuto una cinquantina di presidenti (45, pare, per l’esattezza). Sceglierne uno presentabile ogni quattro anni è così difficile?
 
L’Arera, l’Agenzia per la Regolazione delle fonti di energia, dà finalmente i numeri degli “oneri generali di sistema”: Negli ultimi tredici anni abbiamo pagato 162 miliardi, dei quali 142 a copertura degli incentivi attualmente operativi per le rinnovabili”. 142 miliardi di prelievo forzoso  in bolletta, sul gas e la luce, che ogni cittadino, il vero “privato”, deve pagare a favore delle industrie. Ma fa notizia sul “Sole 24 Ore” solo perché forse qualche mafioso è tra i beneficiari – mafioso giudiziariamente. Il “privato” che finanzia per 4 e 500 euro l’anno un’industria di cui nulla si sa è l’epitome del “mercato”: il furto al potere.
 
Meloni ha perso la bacchetta magica sugli affari esteri? Su cui si era costruita un’immagine solida, perfino in Italia. Fino al G 7 di Puglia, col papa. In pochi giorni, tra la polemica contro von der Leyen per un dossier sicuramente infamante senza motivo, il no ai giornalisti italiani alla conferenza stampa in Cina, l’attivismo a Parigi contro la pugile algerina, sembra come impaziente di perdere. Ha smarrito la bussola? O ha cambiato consigliori su esteri e immagine?  
 
C’è in Italia una speciale categoria socio-politica, il parente delle vittime. Di chi fa cioè merce, per lo più politica, del sacrificio di un congiunto. Da Emanuela Orlandi alla strage di Bologna all’eccidio Borsellino – a fronte qui, p. es., della compostezza di Maria Falcone, o di Alfredo Morvillo, il fratello della bellissima Francesca.
Si direbbe una forma di sciacallaggio, ma non bisogna esagerare, gli assassinii, gli eccidi ci sono stati. Tanto più, però, si capisce perché Liliana Segre, o altri sopravvissuti all’Olocausto, sono amabili a tutti, per la compostezza.
 
Difficile appassionarsi a Imane Khelif, come ora alla pugile taiwanese, che vincono perché sono più alte di dieci centimetri e hanno braccia lunghe il doppio delle avversarie – la loro boxe sembra un teatro comico: non c’è tecnica, non c’è atletismo, non c’è niente, si aspetta la fine. Picchiano anche duro: il testosterone si sente -
 certo non fa la differenza, al tiro al piattello. Ma i giornali ci dedicano quattro e sei pagine e non si possono saltare: le trattano da mostri, col dovuto rispetto s’intende.

 
Ciò che più colpisce è che quando è il loro turno gli stadi sono esauriti. Non solo per l’algerina, che fa il pieno di franco-algerini. Gli antichi romani non erano poi tanto crudeli?
Ma, dice Bonarrigo sul “Corriere della sera”, per la gigantessa taiwanese lo stadio era soprattutto “affollato di cronisti”. Per dovere di cronaca? Il giornalista certo deve essere un po’ voyeurista.
 
Dice bene Angela Carini, che a 25 anni, dopo dieci o dodici anni di sacrifici, vede sfiorire il suo sogno in pochi secondi. Anche pensando alla delusione del padre. “Fa male”, ha detto dell’avversaria, l’algerina che la sovrastava – stesso peso? – dai muscoli possenti. Una storia un po’  “Forrest Gump”, ma lo sport è crudele, altro che fair play: uno vince e uno perde.
 
Sono solo di cinesi le vittorie contestate o sospettate di questa Olimpiade. La Cina paga? Non necessariamente, sudcoreani e giapponesi non ne hanno bisogno. Ma è influente. E vuole vincere. Nel 2016, per escludere Schwazer dall’Olimpiade di Rio lo fece condannare per droga con un prelievo e un’analisi farlocchi. Pagò? Siccome l’affare fu gestito da tedeschi e inglesi è facile che sì. Ma intanto aveva preso come allenatori della marcia i fratelli Damilano, che avevano vinto molto.

La Cina “prepara” i vincitori, come la vecchia Urss. Oggi è in cima al medagliere dell’Olimpiade parigina perché ha 16 ori, contro i 14 Usa. Ma ha solo 37 atleti medagliati, contro i 61 americani.

Si pubblicano pagine di scrittori israeliani sulla guerra, a Gerusalemme o Tel Aviv. La lettura è invariabilmente centrata sul quotidiano, i piccoli problemi, le ansie, l’incertezza. Non c’è il perché di una guerra. Non c’è una speranza, un’idea, un progetto di futuro. Di un futuro stabile. Una sola soluzione c’è, la vittoria ovviamente. O nessuna soluzione?
 
“Chi adesso mi scrive ha un’età media tra gli ottanta e i cento anni”, spiega Natalia Aspesi, festeggiata dal “Venerdì di Repubblica” per i 95 anni, a Marco Cicala: “È gente che è diventata vecchia con Repubblica…. Sono gli stessi di qualche decennio fa, ma sono invecchiati e non ce ne sono di nuovi”. Anche nelle lettere al giornale ricorrono spesso vecchi nomi, qualcuno degli anni 1980.

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