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venerdì 9 agosto 2024

Se scarseggia il lavoro

Il lavoro merce scarsa, chi l’avrebbe detto. Fra breve, ha potuto scrivere Prodi, “comincerà la concorrenza, non solo fra imprese, ma anche fra gli stessi paesi”, ad attrarre forza-lavoro straniera. Con salari migliori, con condizioni di vita e di lavoro attraenti.
Prodi scriveva in contemporanea col governatore della Banca d’Italia Panetta nella sua Relazione annuale. Che ha fatto il conto dei giovani italiani emigrati fra il 2008 e il 2022: 525 mila. Solo un terzo dei quali è poi ritornato. Emigrati intellettuali prevalentemente. Finiti all’estero per due motivi semplici, ha detto Panetta: “Opportunità retributive e di carriera decisamente più favorevoli”.
L’Italia è sfavorita in questa gara dai bassi salari. Un fenomeno ormai trentennale, e non contestato: fra il 1990 e il 2020 le retribuzioni reali (al netto dell’inflazione) hanno perso il 2,9 per cento. L’unico caso fra tutti i paesi industrializzati che fanno parte dell’Ocse (sono 38, tutto l’“Occidente”). Con un’accelerazione negli ultimi anni: l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) ha calcolato una perdita di valore reale rispetto al 2008 del 12 per cento.
L’occupazione aumenta perché è poco remunerata. Ma è temporanea (precaria) e poco produttiva. No solo i salari sono indietro col mondo, anche gli investimenti. Gli investimenti deficitano perché si può ancora usare manodopera precaria – i due fatti sono interrelati, in quello che si dice il deficit di produttività (il valore aggiunto per unità di prodotto con cui si batte la concorrenza produttiva).  

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