Secondi pensieri - 541
zeulig
Arte – “Nell’arte non c’è fascismo”, afferma S garbi, “e
nel fascismo non c’è arte”. Cosa non vera, nella duplice affermazione. Nell’arte
il fascismo, come il sovietismo-comunismo, c’è eccome. E si parli di arte nel senso
di arti figurative – come regimi si aprirebbe un abisso.
Novecento e futurismo precedettero Mussolini, ma
quante (ottime) cose non hanno realizzato sotto di lui, e su sua commissione.
Non solo sulla monumentalità, la figurazione preferita dei regimi monocratici -
ma non solo: si veda il film di Winterbottom sulla romanità voluminosa, gigantesca,
che invece era dell’architetto rivoluzionario Roullier. Della Germania di
Hitler non è rimasto niente. Ma durò poco, sei anni, e il molto di Speer è
sotto i bombardamenti.
Si può concordare che il fascismo non è arte – è
impositivo. Ma negare il fascismo – non dare “cittadinanza” al fascismo – come
ora e sempre si tende a fare, è dannoso, oltre che inutile. Hitler non è morto,
e bisogna chiedersi il perché – il perché anteriore non serve, anche perché
bisogna vedere da che pulpito.
Coerenza
- Si vuole, dai pensatori, e da ognuno di noi, di
bennati – si voleva, queste cose contavano, ed era sinonimo di rettitudine.
Questo dovere di coerenza
che si richiede ai bennati vuole peraltro una spiegazione. L’identità, che è
immutabilità, viene anch’essa da sant’Agostino, che la storia rappresenta in
marcia verso qualcosa. Contro l’idea della storia come cerchio, ciclo
ripetitivo, ma muovendosi sulla traccia dei sofisti. Della scoperta d’una
natura umana da opporre alla legge o convenzione. Con l’esito, sofistico alla
potenza, del nulla dell’individuo, annullandosi esso nella natura ingovernabile,
ancorché umana. A cui è anzi doveroso sfuggire.
Abbiamo tante vite, per cambiamenti
considerati di poco conto e innocui, lo studio, la professione, la città,
perfino i diversi anni dello studio, o la diversa ubicazione del posto di
lavoro nella stessa città, o dell’abitazione. La vita urbana nasconde
nell’apparente uniformità diversità profonde. È un viaggio nella preistoria,
anche, nella concrezione strato per strato della crosta di ognuno, per quanto
sottile.
Ex
- Un
Levasseur de la Sarthe ha fatto scrivere sulla sua tomba, in qualche posto in
Francia, “ex convenzionale”. È morto vecchio, ha avuto tempo per ricredersi. Ma
è come dire ex boia, una cosa che in parte dipende dalla funzione in parte
dall’animo. Si può dire ex anarchico? Si può dire ex oste, o vigile urbano,
perché queste sono condizioni accidentali. Ma ex assassino? Forse di uno che lo
è stato una volta, accidentalmente. Ma forse siamo tutti ex: ex bambini,
amanti, figli, studenti. Si può pensare la vita una serie di cicatrici, tutte
in varia misura morbose, buone o cattive, utili o ingombranti - Levasseur era
anche Thérése, la donna prolifica di Rousseau. René Levasseur, detto Levasseur
de la Sarthe per esserne stato eletto alla Convenzione, fu medico, fece votare
l’abolizione della schiavitù, che Napoleone restaurò, votò la morte del re, e
volle il tribunale rivoluzionario, al quale, caso unico, riuscì a sfuggire.
Esiliato in quanto regicida nel 1816, fece in tempo a scrivere due libri di Mémoires.
Occidente – Inventato da Guillaume Postel, a metà 1550 (ma
la cosa fu nota un secolo dopo, quando le sue opere vinsero la censura, dello
stesso suo ordine, gesuita). Con l’invenzione dell’Oriente.
Studioso dell’ebraismo, Postel codificava una
cosa che già c’era. Doppiamente. Perché se c’era, codificabile, un Oriente, c’era
un Occidente. E perché per la prima volta, poco prima di lui, l’Occidente si
era esercitato “più a Occidente”: nelle Americhe di Diaz del Castillo.
E con la raya ponrìtificia, che tagliava
trasversalmente-…. L’Africa, quela arabo-islanica considreando già Oriente,
anche se non lo è – non topograficament e, Un Ocidente che si riporrà anche
come Nord, in Italia , e in Europa dentro la Ue. rispetto all’asse auropeo.
È sempre stato un concetto vagante. La raya,
il meridinao con cui i papi dividevano l’Atlantico e le America tra Spagna e
Portogallo vagava in continuo. Per cui il Portogallo, che doveva stare al di
quale di San Tomé, ha potuto occupare e possedere il Brasile.
È dizione precisa nella Costituzione americana,
ed è gli Stati Uniti. Cosa che ora, di fronte alla costante diversità americana,
si tende a contestare. Dall’interno, con la critical theory e la cancel culture. E dall’esterno, da
molti europei (non solo russi).
Si dice l’equivalente della democrazia. Cosa che
più spesso però non è stato – se non in ambiti ristretti, quali la chiesa. Specie
nelle rivoluzioni democratiche. E per due secoli buoni è stato il colonialismo,
sotto la bandiera della civiltà da esportare.
Più spesso è un brand, di piazzisti americani
o europei che si applicano a vendere qualche caccia (aereo) o Volkswagen.
Pretendendosi la democrazia.
È vero che la democrazia è stata occidentale.
Greca fino a un certo punto (ma già nel suo periodo aureo zoppicante, stando
agli studi di Canfora). Romana nei primi tempi storici (documentati),
repubblicani, fra i sette re e Cesare-Augusto. Poi della chiesa. Illuminista –
ma senza escludere il buon re, soprattutto se pagava, Federico di Prussia,
Caterina di Russia. E rivoluzionaria, ma con l’accetta.
Si dice la democrazia regime imperfetto come
titolo di merito – vuole e premia l’attenzione continua. E in certa misura lo è
– lo è stata nel confronto col sovietismo (la democrazia produceva più merci).
È in difficoltà col moderato monolitismo asiatico, coreano (anche giapponese),
cinese, indiano.
Si è voluto monopolista, nonché della politica,
anche dell’estetica. Della filologia. Della scienza. Ma con sempre minori
titoli. Si ritorna a scoprire il resto del mondo, per esempio l’Oriente, come i
primi missionari – che tra l’altro erano, anche loro, gesuiti. Di un mondo diverso
ma non peggiore. .
Riserbo
- Si
addice alla cultura laica, che non è libera-liberale ma “all’orecchio”, non
detta, segreta, da iniziati. È buona ricetta già dal Cinquecento e dagli
Illuminati. Nella più cupa gerarchia che si conosca, l’obbedienza perinde
ac cadaver.
I laici sono
gelosi dei gesuiti, questa è la storia - prima non c’erano,
prima dei gesuiti. Ai laici sono mancati
l’oratorio e i boy scout, e ne
ripetono i riti malinconici proiettandoli in un’aura d’eccellenza e novità. È così
che Lelio Basso, l’avvocato
della liberazione dei popoli, fu legale di Gheddafi, uno che faceva sterminio dei
gitanti a Fiumicino.
Nel riserbo si produce
il più grande golpe della storia, la desacralizzazione del mondo di Guénon e
Schmitt. Ma questa non era già opera dei cristiani, contro gli dei onnipresenti?
Storia -
“La storia occidentale contemporanea è in
larga parte opera di esiliati, emigrati, rifugiati”, assicura Edward Said,
dalle dittature e da se stessi. Si diventa gelosi di quello che si è, si fa, si
pensa, sia pure stupido. È una vita “contrappuntistica”, dice Said. No, è regolata
sul canone della fuga: non appena s’individua un assetto se ne genera un altro.
L’illustre
esiliato in petto Edward W. Said
torna spesso su questo argomento (qui in “The Mind of Winter. Reflections on
life in exile”) - l’esiliato politico si fa forte delle radici, del rapporto
negato con le proprie origini: “L’interconnessione tra nazionalismo ed esilio è
come la dialettica hegeliana di servo e padrone, opposti che informano e si
costituiscono l’un l’altro”,
Si può dire la negazione del divino – è per
questo che il romanzo di Manzoni appassiona ma non convince? Nelle guerre, nella
violenza in genere.
La storia quindi come male? Se perfino la mafia è
nella storia divina, non si può pensare le due cose se non distinte e opposte, la
storia e al divinità.
La storia come vita non è male. “Ogni vita umana racconta la sua
storia, e la Storia diventa alla fine il libro dei racconti dell’umanità” – uno
Schopenhauer conciso e senza astio.
zeulig@antiit.eu
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