Totò e Peppino a Parigi
L’Olimpiade parigina è quasi
finita e solo ora veniamo a sapere, incidentalmente, dalla foto di un atleta
che dorme sul prato, che gli alloggi erano, a Parigi, ad agosto, senza aria condizionata.
Dalle baruffe belghe, e solo così, veniamo a sapere che l’acqua della Senna è
pericolosa a bere, anche a gocce. Solo all’ultimo sappiamo della sportività
francese, che vorrebbe far vincere l’avversario pur di non incontrare, al
prossimo turno, una certa squadra – l’Italia. Silenzio totale sul medagliere
addomesticato, con record fulminei e poco possibili, e giudici che debbono
fa vincere questo o quello\a – questo,
per la verità, senza colpa degli organizzatori, sono equilibri Cio, “olimpici”.
Ogni giorno ci riempiono di pagine
di due pugilatrici mezze maschio di cui non frega nulla a nessuno – riducendole
peraltro, poverette, a baraccone da fiera. Forse per lo stesso cattivo gusto, o
maleducazione, che ha portato i nostri grandi inviati in deliquio per la sceneggiata
iniziale, roba da luna park di periferia.
Bisognerebbe che qualcuno ci raccontasse
i giornalisti italiani a Parigi. Un “Totò e Peppino a Parigi” non c’è, ma ci sarebbe, senza i
gloriosi comici si riderebbe ugualmente.
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