Cronache dell’altro mondo – se Trump è Jackson (291)
La presidenza Trump richiama quella di Jackson,
1829-1837, il primo presidente Democratico?
Il parallelo è stato avanzato il 14 luglio,
sul “Wall Street Journal”, “America’s Jacksonian Turn”, da Walter Russell Mead,
cattedratico di Relazioni Internazionali a Yale e al Bard College, uno dei collaboratori
di “The American Interest”, il quindicinale di politica estera promosso da Francis
Fukuyama nel 2005: “Trump è parte di una varietà di politica estera che Andrew
Jackson portò al potere nel 1828. In politica interna, i jacksoniani sono guardinghi
col big business, odiano l’establishment sociale e politico, e richiedono
soluzioni di «senso comune» a problemi complessi. Sostengono i militari, ma non
una classe di ufficiali che si consideri lontana dai valori e le abitudini della
nazione – le camicie inamidate di West Point nel 19mo secolo, i «generali woke»
oggi. Ritengono la classe politica profondamente e irrimediabilmente corrotta”.
Una sorta di populismo, si direbbe, Democratico.
Il paralllelo è ripreso ora da Robert O’Brian,
un avvocato d’affari di Los Angeles che è stato nel 2019-2020 consigliere per
la Sicurezza Nazionale di Trump, con un saggio su “Foreign Affairs” di
luglio-agosto, “The Return of Peace Trough Strenghth”. O’Brian parla delle guerre
in corso, e comincia rifacendosi all’antica Roma, “Si vis pacem, para bellum”.
Un concetto, dice, del quarto secolo, del tardo impero. Ma di origine più antica,
spiega, fu dell’imperatore Adriano: “L’origine del concetto è anteriore, è dell’imperatore Adriano, secondo secolo, al quale si attribuisce la massima: «La pace attraverso
la forza – o, se necessario, la pace attraverso la minaccia»”. È questo che
unisce Trump a Jackson: “Trump ha un’alta opinione del suo predecessore Andrew
Jackson e dell’approccio di Jackson in politica estera: essere concentrati e
forti quando si è costretti all’azione, ma diffidare degli eccessi”.
Di Jackson in realtà non c’è una
politica estera – la “dottrina Monroe” trovò già all’opera, con la presidenza precedente
la sua. Fu un comandante militare. Famoso per la battaglia di New Orleans, alla
fine della guerra anglo-americana del 1812-1814: gli inglesi ebbero 700 morti,
compreso il loro generale, Pakenham, e 1.500 feriti, Jackson 8 morti e 14
feriti – ma due settimane prima la pace era già stata firmata, a Gand, in
Belgio. Fu famoso anche per lo sterminio degli indiani, dei Creek in Luisiana
durante la guerra, e dei Seminole in Florida, allora dominio spagnolo, dopo la
guerra anglo-americana – restò in Florida fino a che il governo spagnolo non si
decise di venderla agli Stati Uniti, nel 1819, divenendone il primo governatore.
Da presidente espropriò, contro una decisione della Corte Suprema, i Cherokee
della Georgia, quando vi fu scoperto l’oro, con un decreto, Indian Removal Act,
1830, che sarà la base della cancellazione degli indiani dalla storia dell’America
– che ora si definisce “una delle peggiori leggi della storia degli Stati Uniti”.
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