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Il divismo è morto, il genere pure
Una trama esile,
di una ragazza che che per caso finisce per convivere, con sua sorpresa e grande
entusiasmo, con la cantante di cui è addict, poco presumendo di sé, della
propria voce e della propria musica, e ne rimane esulcerata, se non disamorata.
Di lei e della musica. Ma il racconto per immagini è diverso.
Non ci sono le belle
musiche che uno si aspetterebbe – o se si sono (ci sono), non sembra. Né molta
simpatia tra e per i personaggi. Che non sono però nemmeno distruttivi: non
sono. Le immagini – il racconto subliminale – sono di un’androginia mancata, trattandosi
di due persone-personaggi femminili, cioè dell’indifferenza sessuale o di
genere: la ragazza prende i tratti e i modi mascolini del suo idolo – la cantante
francese Lou Doillon, la figlia di Jane Birkin.
Una prima regia
piena giustamente di ambizioni, ma ideologica, come di un programma di lavoro.
Carolina Pavone, Quasi a casa
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