La destra al potere anche in Francia
Al primo
ministro più giovane, Attal, che passa nella “riserva della Repubblica” per
prepararsi alla successione presidenziale fra due anni, Macron fa succedere il
primo ministro più anziano della Quinta Repubblica, l’ultrasettantenne Barnier,
gollista (Les Républicans), l’ex commissario a Bruxelles. Ma non è questa la
novità: con Barnier primo ministro si conclude a sorpresa la lunga crisi istituzionale
in Francia, aperta da Macron chiamando a sorpresa le elezioni, con la caduta
della clausola ad excludendum, dell’ostracismo al Rassemblement
National, al lepenismo. Barnier, il premier scelto dal presidente Macron dopo
lunghissime consultazioni con tutti i partiti in Parlamento, avrà un
occhio benevolo in Parlamento - dove non ha una maggioranza precostituita, fra
Repubblicani e Macroniani – di Marine Le Pen.
È la prima volta per i Le Pen, dopo quarant’anni di presenza politica
ingombrante ma alla macchia.
La scelta
era forse necessaria, poiché è nei numeri. Il Rassemblement di Marine Le Pen è
il partito più largamente rappresentativo, se si escludono le città (Parigi,
Lione, Bordeaux, Nantes, Le Havre, Rennes, Strasburgo - ma Marsiglia e Nizza
sono lepeniste): alle legislative è andato al ballottaggio in quasi tutte le circoscrizioni,
mentre i macroniani solo in 321 circoscrizioni su 577 e le sinistre unite in
414. Ed è andato al ballottaggio al primo posto in 297 circoscrizioni, quasi il
triplo delle legislative di due anni prima, 110.
Una piattaforma
o un traguardo, un successo da cui si può solo perdere? Marine Le Pen vira, se
non verso il centrismo, per un abbandono deciso del radicalismo, anti-immigrati,
anti-Europa, anti-Ucraina. Alcune grandi famiglie sono, con i media da esse
controllati, per un’apertura della destra gollista al Rassemblement – tra esse le
più note sono i Bollorè e i Dassault.
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