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domenica 29 settembre 2024

La guerra delle donne

Una località reale per titolo, nelle Alpi trentine, di una vicenda realistica: il figlio sbandato dopo l’8 settembre che è tornato a casa col commilitone cui deve la vita. Un giovane taciturno, di un posto sconosciuto, la Sicilia. I due giovani sono tenuti nascosti per sfuggire ai rastrellamenti, per i campi di lavoro in Germania. L’attrazione è inevitabile della sorella maggiore per il giovane siciliano - unico maschio in circolazione. Mentre le sorelle minori seguono i dettami insindacabili del padre, che è il maestro del villaggio, e le amiche prendono strade diverse, lontano.
La vita dura dei masi – allora come oggi - dall’alba al tramonto. E di notte di dialoghi intesi – bisbigliati, accennati, lo spettatore li segue con i sottotitoli. Di un mondo tutto donne, per la guerra. Eccetto l’autorevole padre, contrappunto obbligato, siamo sempre in regime patriarcale – anche se incongruo: il padre-maestro è sempre perfetto nell’abbigliamento, il tratto e la capigliatura, e s’immagina anche pulito, nella fatica, la povertà, la stalla, le intemperie – mai un raggio di sole per tutta la lunga storia. Con un carnet di donni ne sconce al fondo del cassetto, e le sigarette altrimenti introvabili in guerra.
Premio probabilmente obbligato a Venezia, per una regia al femminile, e per una vicenda tutta di donne malgrado la guerra – la guerra delle donne. E il più apprezzato dagli spettatori nei primi giorni di programmazione - anche se in numero dimezzato rispetto agli spettatori fine settembre un anno fa. Con una promozione intelligente: solo 25 copie, a seguire al martellamento stampa (Venezia, leone d’argento, Maura Delpero, candidature Oscar), per le grandi città, che facciano il record al botteghino il primo week-end, la domanda poi fatalmente salirà – successo chiama successo (e ieri, il primo giorno del week-end, è andata bene: di gran lunga primo per incassi di ogni altro film italiano, e di ogni altro debutto della settimana).
Maura Delpero, Vermiglio

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