L’Africa all’edicola
Il ragazzo nero davanti
all’edicola, a ore e giorni alterni, quando capita, sta indolente, appoggiato
al lampione, ascolta intento ai miniauricolari, e parla – avrà un minimicro all’occhiello.
È immerso a lontano, nel suo mondo telefonico, non guarda e non ringrazia nemmeno,
solo un gesto del capo, chi gli offre mezzo euro, dopo attenta ricerca, anche
un euro – il quartiere è di borghesia progressista.
I primi Antonio li
rimproverava – Antonio è un ex cooperante che ha molto a cuore gli immigrati (una
famiglia l’ha anche adottata, nel senso che li invita la domenica a pranzo a
casa, e paga per i libri e l’abbigliamento di uno dei figli a scuola). Ma è
molti anni fa ormai. Antonio diceva: “Non ti vergogni, alla tua età?”, e “devi
cercarti un lavoro, anche mal pagato”, le solite cose.
Il ragazzo non
viene tutti i giorni, e non viene presto, quando più gente passa dall’edicola.
Avrà di meglio altrove, o vorrà dormire. Viene alla mezza mattinata, quando
dall’edicola passano i suoi benefattori, persone mediamente di mezza età che
con piacere, si vede, lo ritrovano – l’alternanza dei giorni aiuterà anche ad
accrescere il peso dell’elemosina, tra l’attesa e il ritrovamento.
Avendo conosciuto
l’Africa prima di lui, lo si compiange vittima di decenni di malgoverni e ruberie
– non vige purtroppo nella politica continentale la distinzione tra pubblico e
privato, interesse (e denaro) pubblico e interesse privato. Ma lui non lo sa.
Non ha nemmeno coscienza che sta chiedendo l’elemosina, la cosa non lo umilia.
E questo abbatte, molto.
Lui è tranquillo,
sconta la disattenzione e anche il rifiuto, non gliene frega - il suo poco sarà
molto? farà il palo? è di una tribù di questuanti? È l’africanista che
destabilizza, la delusione dell’illusione.
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