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Leopardi censura Dante, Petrarca e Boccaccio
Un’opera trascurata di
Leopardi a cui egli però teneva moltissimo. La realizzò benché vivamente
sconsigliato dai migliori letterati dell’epoca, per esempio Giordani. E la
redasse di sua iniziativa e su suo progetto, benché poi per conto, remunerato,
dell’editore Stella di Milano. In meno di un ano, spiega Giulio Bollati: “Incurante
dell’avviso dell’amico, Leopardi «stacca» e «straccia» brani di prosa da una
montagna di libri tirati giù di furia dagli scaffali paterni, e finalmente
pubblica di slancio la sua Crestomazia dopo neppure un anno dall’inizio
dei lavori”.
L’antologia è annunciata
nella prefazione “come un saggio e uno specchio della letteratura italiana”. Gli
autori sono un’ottantina, i brani inclusi circa trecento. Divisi per generi retorici
(“narrazioni”, “descrizioni e immagini”, “apologhi”, “allegorie…..). Un’opera
che si segnala per le bizzarrie. Il Trecento non c’è. Un’esclusione non
spiegata, e aggravata sarcasticamente da una nota – “la sola di questo tipo”,
nota a sua volta il curatore di questa riedizione – per scusarsi di avere
incluso il “Lamento della madre di Eugenia”, un frammento dalle “Vite dei Santi
Padri” di Domenico Cavalca. Il Quattrocento c’è, poco. Il lavoro entra nel
pieno col Cinquecento, con l’individuazione di una vena protoromantica. E s’ingrossa
via nei secoli seguenti, perfino nel Seicento, su questo filo.
Alla “Prosa” seguirà la “Poesia”,
un altro volume di altrettante pagine. Malgrado il silenzio siderale che
accolse la prima pubblicazione. Specie da parte degli amici fiorentini, e di
quelli del Vieusseux – la rivista del gabinetto, l’“Antologia”, non ne registrò
nemmeno l’uscita. Col paterno Giordani il giovane Leopardi, 23 anni, si
giustificava nel 1821 con un grande proposito: “Chiunque vorrà far bene all’Italia,
prima di tutto dovrà mostrarle una lingua filosofica”. Qualcosa effettivamente l’ha
mostrata, Machiavelli, Guicciardini, Galilleo, ma in subordine.
Uno degli ultimi gioielli
Nue, la Nuova Universale Einaudi. Col testo originale, introdotto, con una
dissertazione elaborata e piena di riferimenti, e annotato da Giulio Bollati.
Giacomo Leopardi, Crestomazia
italiana. La prosa, Einaudi, pp. VII-CXIV+662, pp.vv.
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