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Ma Meloni è la spalla di von der Leyen
Non ci sarebbe mai stato un taglio alla “relazione
speciale” stabilita tra Meloni e von der Leyen nella passata legislatura
europea. Il sentiment della Farnesina è forse d’obbligo. Ma è
argomentato.
Meloni non ha votato von der Leyen, se non su
richiesta di quest’ultima, comunque per non scomodare la vecchia comoda alleanza
che l’aveva votata cinque anni fa. Ma mantengono il rapporto personale. Con speciale
sintonia su tutte le questioni, le politiche di bilancio, restrittive ma non
troppo, le liberalizzazioni (concessioni balneari), l’immigrazione.
Sull’immigrazione la posizione era comune fra le
due statiste prima dell’allarme suonato in Germania con la crescita
esponenziale di Afd. Convergono sulla posizione italiana, che va regolata all’origine,
nei paesi di provenienza. Sul “patto migratorio” Fratelli d’Italia aveva già
votato con i Popolari – il partito di
von der Leyen. Distintamente, cioè, da Orbàn e Le Pen (e Salvini).
Analoghe, se non comuni, sono le posizioni sul green
deal: non abbandonare il pian radicale della passata legislatura europea ma
ammorbidirlo - adattarlo alle congiunture di mercato e alle capacità produttive.
È anche vero, a prescindere dalle valutazioni
della Farnesina, che von der Leyen è Manfred Weber, il bavarese (quindi moderato,
se non di destra) coordinatore dei Popolari al Parlamento. Che si sbraccia a
dire il governo Meloni “pro Europa, pro Stato di diritto, pro Ucraina”. Un dieci
e lode.
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