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martedì 10 settembre 2024

Ma Meloni è la spalla di von der Leyen

Non ci sarebbe mai stato un taglio alla “relazione speciale” stabilita tra Meloni e von der Leyen nella passata legislatura europea. Il sentiment della Farnesina è forse d’obbligo. Ma è argomentato.
Meloni non ha votato von der Leyen, se non su richiesta di quest’ultima, comunque per non scomodare la vecchia comoda alleanza che l’aveva votata cinque anni fa. Ma mantengono il rapporto personale. Con speciale sintonia su tutte le questioni, le politiche di bilancio, restrittive ma non troppo, le liberalizzazioni (concessioni balneari), l’immigrazione.
Sull’immigrazione la posizione era comune fra le due statiste prima dell’allarme suonato in Germania con la crescita esponenziale di Afd. Convergono sulla posizione italiana, che va regolata all’origine, nei paesi di provenienza. Sul “patto migratorio” Fratelli d’Italia aveva già votato con  i Popolari – il partito di von der Leyen. Distintamente, cioè, da Orbàn e Le Pen (e Salvini).
Analoghe, se non comuni, sono le posizioni sul green deal: non abbandonare il pian radicale della passata legislatura europea ma ammorbidirlo - adattarlo alle congiunture di mercato e alle capacità produttive.
È anche vero, a prescindere dalle valutazioni della Farnesina, che von der Leyen è Manfred Weber, il bavarese (quindi moderato, se non di destra) coordinatore dei Popolari al Parlamento. Che si sbraccia a dire il governo Meloni “pro Europa, pro Stato di diritto, pro Ucraina”. Un dieci e lode.

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