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Complotto - Il complotto è femmina per Francesco
Bacone, il barone di Verulamio - la ribellione maschio: il popolo sospetta di
tutto, la democrazia ateniese è una serie di complotti, democratica solo perché
spesso sovvertita.
Filosofia tedesca - La filosofia tedesca è terminale: fine
della metafisica, Kant, fine della storia, Hegel, fine della filosofia,
Nietzsche, fine del linguaggio, Heidegger.
Marx dice: “Come i popoli antichi hanno
vissuto la loro preistoria in immaginazione, nella mitologia, noi abbiamo, noi tedeschi, vissuto la nostra post-storia
in pensiero nella filosofia. Noi siamo i contemporanei filosofici del presente, senza essere i suoi contemporanei storici”.
Logica
– È pilatesca – all’origine del pilatismo filosofico. Se “nessuna proposizione
diversa da una tautologia può essere mai qualcosa di più di un’ipotesi
probabile”, Alfred Ayer.
La logica può essere illogica – per Bacone
“più che alla ricerca della verità, serve a sistematizzare gli errori”.
Morte – “Che la morte esista lo sappiamo, basta accendere la televisione.
Ma continua ad essere una questione, che la mente non riesce ad ammettere come
naturale. È inspiegabile che qualcosa di vivo a un tratto non lo sia più”,
Pedro Almodovar, “Sole 24 Ore Domenica”. “Credo”, aggiunge,” da parte mia, che
questa fatica ad abituarmi alla fine delle cose sia una forma di immaturità”.
Perché? Almodovar sbaglia su tre punti. Non ci si abitua alla morte, la morte è
un fatto, “normalmente” si vive – la morte può sopravvenire in qualsiasi momento.
Non si vive per la morte, Heidegger sbaglia - o va letto in altro modo. La vita
è un’eccezione, nella non-esistenza, ma ha un prima e un dopo, è stata preparata
da sostanze e procedimenti vari che “da sempre” la rendono possibile, e dura oltre
la morte, sia pure solo nella forma del filo di bava o di umido del lombrico –
nell’anagrafe, nel calendario storico della popolazione, nelle ere geologiche. La
vita non è un’eccezione, e la morte lo stato normale: funziona al contrario,
tutto germoglia – anche nelle glaciazioni.
Opinione Pubblica - Bacone la disprezza, spregia la Fama:
la natura del popolo essendo
“malvagia e triste, e propensa alle novità”, i turbolenti se ne giovano con
“pettegolezzi, malignità, denigrazioni, ricatti”, per muovere alla “femminea
invidia verso coloro che governano”.
Selfie (autofiction-autobio)– È diffusa la narrativa
selfie, di ricordi, eventi, circostanze legate alla esperienza personale,
alla propria vita e persona, degli autori. Al più in forma (lievemente)
eterodiretta, dall’attualità, dal caso, dalla memoria incidentale. Come di
cogitazioni in psicoterapia a volte, con quadro di riferimento metodologico (conoscitivo)
noto o comunque registrato. In cui l’autore
fa da paziente, da analista e da narratore, una sorta di auto-analisi.
Una letteratura si direbbe al femminile – seppure
dizione improponibile, oggi perfino illegale. Aperta da Duras, esercitata al
meglio, narrativamente, da Ernaux e Lucia Berlin. Su un solco, nel tardo Novecento,
maschile: Carver in America e molti altri alcolisti, e ultimamente David Foster
Wallace.
È come se niente esistesse al di
fuori di noi. O per dare consistenza a noi, che altrimenti non siamo. Ma è
anche genere coltivato da spiriti forti, sant’Agostino per primo, Rousseau.
“Sarebbe molto piacevole per me dire quello che penso, e dare sollievo al
signor Gustave Flaubert con delle frasi. Ma che importanza ha il suddetto
signore?”, si chiedeva Flaubert – “L’uomo non è niente, l’opera d’arte è
tutto”. Però, anche qui: senza l’artista?
Una narrazione
prevaricatrice, sul soggetto, sull’autore? L’autore soggetto di sé medesimo non
si resiste, inevitabilmente sbrodola. Quando passa attraverso la narrazione propria,
di personaggi e azioni “autonome”, la costruzione del teatrino obbliga l’autore
a una sorta di, ancorché irriflesso, autoesame. In termini psicoanalitici la
narrazione si può dire un caso risolto, il selfie una seduta psicoanalitica
- interminabile come suole-vuole essere la “cura” solipsistica.
Il genere nasce di fatto con Freud: il
racconto di se stessi in analisi è ben romanzato – tale lo vuole anzi il
terapeuta: un racconto, il racconto in prima persona, dal proprio punto di
vista, per quanto inteso a rimuovere la rimozione, e tanto più fantastico o fantasioso
(sogni, visioni, effetti a sorpresa) tanto meglio.
Società civile – Nozione diffusa
negli anni 1990 da Eugenio Scalfari e il suo giornale “la Repubblica” – il “ceto medio riflessivo”
dello storico tardocomunista Paul Ginsborg - intesa a
sdoganare per il costituendo Ulivo poi Partito Democratico la borghesia,
distinguendone quella illuminata. Una sorta di società dei “belli-e-buoni” (la kalokagathia
dei sofisti in Atene, degli intellettuali bravi politici e oratori), che
quindi aveva tutti i diritti a voler governare la Repubblica. Nozione poi
demolita, negli anni 2010, sempre in Italia, dal movimento di Grillo, populista
fino alla volgarità, contro i benpensanti, specie che trovava soprattutto
annidata nell’informazione.
Storia – La storia è contorta. La freccia della storia,
come quella del progresso, è più spesso indecisa.
Ma la storia, come la stupidità, non vuol essere
banale. E non vuole perdersi, lascia dei nodi.
Verità – La mia verità è la verità - non solo per Marx o per Heidegger (si deve a Heidegger “l’essenza dell’essere, la sua verità”).
La verità è conquistatrice.
Tutte le verità di Omero sono “dire la
verità”, e anche alétheia, lo svelamento. Non c’era in Omero la legge immutabile
astratta, né l’individuo che tutto sa. Ognuno si lasciava andare, si lasciava
fare, ed era nel vero confidandosi. Si scopriva in quanto ci si scopriva.
La verità di Heidegger, prendendolo al suo
stesso pensiero, è semplice: togliersi la maschera. E allora coraggio,
Filosofo, parlaci di te, dì quello che sai. Ma egli non lo ha detto – lo ha lasciato
dire. In realtà lo ha detto col silenzio, questo è stato il suo svelamento, il
silenzio parla, eccome, nella lettura, nello sguardo: lui è uno che non ha
perso la guerra.
Molte cose stanno bene in altri ambiti, la
tradizione, la zappa, la vita agreste - anche Pasolini ne ha nostalgia e le rimpiange,
con affettazione ma pazienza, sono state una sua gioventù. Ma verità è pure la
forma della comunicazione. Quella di Goebbels, la verità del nazismo, sembra un
mondo di cartapesta, la propaganda. Ma essa è anche un mondo reale, in quanto
incontra il linguaggio di chi ascolta.
È soggettiva. Ma “In interiore hominis habitat veritas” di sant’Agostino è di un solipsismo assoluto, poiché la verità in
interiore hominis è anche la realtà. Esclusiva, non ce n’è altra.
zeulig@antiit.eu
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