lunedì 16 settembre 2024

Secondi pensieri - 544

zeulig


Complotto - Il complotto è femmina per Francesco Bacone, il barone di Verulamio - la ribellione maschio: il popolo sospetta di tutto, la democrazia ateniese è una serie di complotti, democratica solo perché spesso sovvertita.
 
Filosofia tedesca - La filosofia tedesca è terminale: fine della metafisica, Kant, fine della storia, Hegel, fine della filosofia, Nietzsche, fine del linguaggio, Heidegger.
 
Marx dice: “Come i popoli antichi hanno vissuto la loro preistoria in immaginazione, nella mitologia, noi abbiamo, noi tedeschi, vissuto la nostra post-storia in pensiero nella filosofia. Noi siamo i contemporanei filosofici del presente, senza essere i suoi contemporanei storici”.
 
Logica – È pilatesca – all’origine del pilatismo filosofico. Se “nessuna proposizione diversa da una tautologia può essere mai qualcosa di più di un’ipotesi probabile”, Alfred Ayer.
 
La logica può essere illogica – per Bacone “più che alla ricerca della verità, serve a sistematizzare gli errori”.
 
Morte – “Che la morte esista lo sappiamo, basta accendere la televisione. Ma continua ad essere una questione, che la mente non riesce ad ammettere come naturale. È inspiegabile che qualcosa di vivo a un tratto non lo sia più”, Pedro Almodovar, “Sole 24 Ore Domenica”. “Credo”, aggiunge,” da parte mia, che questa fatica ad abituarmi alla fine delle cose sia una forma di immaturità”. Perché? Almodovar sbaglia su tre punti. Non ci si abitua alla morte, la morte è un fatto, “normalmente” si vive – la morte può sopravvenire in qualsiasi momento. Non si vive per la morte, Heidegger sbaglia - o va letto in altro modo. La vita è un’eccezione, nella non-esistenza, ma ha un prima e un dopo, è stata preparata da sostanze e procedimenti vari che “da sempre” la rendono possibile, e dura oltre la morte, sia pure solo nella forma del filo di bava o di umido del lombrico – nell’anagrafe, nel calendario storico della popolazione, nelle ere geologiche. La vita non è un’eccezione, e la morte lo stato normale: funziona al contrario, tutto germoglia – anche nelle glaciazioni.
 
Opinione Pubblica - Bacone la disprezza, spregia la Fama: la natura del popolo essendo “malvagia e triste, e propensa alle novità”, i turbolenti se ne giovano con “pettegolezzi, malignità, denigrazioni, ricatti”, per muovere alla “femminea invidia verso coloro che governano”.
 
Selfie (autofiction-autobio)– È diffusa la narrativa selfie, di ricordi, eventi, circostanze legate alla esperienza personale, alla propria vita e persona, degli autori. Al più in forma (lievemente) eterodiretta, dall’attualità, dal caso, dalla memoria incidentale. Come di cogitazioni in psicoterapia a volte, con quadro di riferimento metodologico (conoscitivo) noto o comunque registrato.  In cui l’autore fa da paziente, da analista e da narratore, una sorta di auto-analisi.   
 
Una letteratura si direbbe al femminile – seppure dizione improponibile, oggi perfino illegale. Aperta da Duras, esercitata al meglio, narrativamente, da Ernaux e Lucia Berlin. Su un solco, nel tardo Novecento, maschile: Carver in America e molti altri alcolisti, e ultimamente David Foster Wallace.  
 
È come se niente esistesse al di fuori di noi. O per dare consistenza a noi, che altrimenti non siamo. Ma è anche genere coltivato da spiriti forti, sant’Agostino per primo, Rousseau.
 
“Sarebbe molto piacevole per me dire quello che penso, e dare sollievo al signor Gustave Flaubert con delle frasi. Ma che importanza ha il suddetto signore?”, si chiedeva Flaubert – “L’uomo non è niente, l’opera d’arte è tutto”. Però, anche qui: senza l’artista?
 
Una narrazione prevaricatrice, sul soggetto, sull’autore? L’autore soggetto di sé medesimo non si resiste, inevitabilmente sbrodola. Quando passa attraverso la narrazione propria, di personaggi e azioni “autonome”, la costruzione del teatrino obbliga l’autore a una sorta di, ancorché irriflesso, autoesame. In termini psicoanalitici la narrazione si può dire un caso risolto, il selfie una seduta psicoanalitica - interminabile come suole-vuole essere la “cura” solipsistica.
Il genere nasce di fatto con Freud: il racconto di se stessi in analisi è ben romanzato – tale lo vuole anzi il terapeuta: un racconto, il racconto in prima persona, dal proprio punto di vista, per quanto inteso a rimuovere la rimozione, e tanto più fantastico o fantasioso (sogni, visioni, effetti a sorpresa) tanto meglio.
 
Società civile – Nozione diffusa negli anni 1990 da Eugenio Scalfari e il suo giornale “la Repubblica”
– il “ceto medio riflessivo” dello storico tardocomunista Paul Ginsborg - intesa a sdoganare per il costituendo Ulivo poi Partito Democratico la borghesia, distinguendone quella illuminata. Una sorta di società dei “belli-e-buoni” (la kalokagathia dei sofisti in Atene, degli intellettuali bravi politici e oratori), che quindi aveva tutti i diritti a voler governare la Repubblica. Nozione poi demolita, negli anni 2010, sempre in Italia, dal movimento di Grillo, populista fino alla volgarità, contro i benpensanti, specie che trovava soprattutto annidata nell’informazione.

 
Storia – La storia è contorta. La freccia della storia, come quella del progresso, è più spesso indecisa.
Ma la storia, come la stupidità, non vuol essere banale. E non vuole perdersi, lascia dei nodi.
 
Verità – La mia verità è la verità - non solo per  Marx o per Heidegger (si deve a Heidegger  “l’essenza dell’essere, la sua verità”).
La verità è conquistatrice.
 
Tutte le verità di Omero sono “dire la verità”, e anche alétheia, lo svelamento. Non c’era in Omero la legge immutabile astratta, né l’individuo che tutto sa. Ognuno si lasciava andare, si lasciava fare, ed era nel vero confidandosi. Si scopriva in quanto ci si scopriva.
La verità di Heidegger, prendendolo al suo stesso pensiero, è semplice: togliersi la maschera. E allora coraggio, Filosofo, parlaci di te, dì quello che sai. Ma egli non lo ha detto – lo ha lasciato dire. In realtà lo ha detto col silenzio, questo è stato il suo svelamento, il silenzio parla, eccome, nella lettura, nello sguardo: lui è uno che non ha perso la guerra.
Molte cose stanno bene in altri ambiti, la tradizione, la zappa, la vita agreste - anche Pasolini ne ha nostalgia e le rimpiange, con affettazione ma pazienza, sono state una sua gioventù. Ma verità è pure la forma della comunicazione. Quella di Goebbels, la verità del nazismo, sembra un mondo di cartapesta, la propaganda. Ma essa è anche un mondo reale, in quanto incontra il linguaggio di chi ascolta.
 
È soggettiva. Ma “In interiore hominis habitat veritas” di sant’Agostino è di un solipsismo assoluto, poiché la verità in interiore hominis è anche la realtà. Esclusiva, non ce n’è altra.

zeulig@antiit.eu

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