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Collezionismo – “I
collezionisti tengono in ordine il mondo. Alcuni hanno quasi delle pretese
filosofiche, di interpretazione della realtà attraverso il catalogo delle cose
possedute e delle cose desiderate. Tutti però hanno un istinto naturale di
risposta al caos. Granello dopo granello. Come di fronte al mare del tempo. Con
la sabbia di dieri, di oggi e di domani”, Chiara Grom Negro, “una delle maggiori
collezioniste al mondo di moto d’epoca”, con Paolo Bricco sul “Sole 24 Ore
Domenica”.
Del
collezionismo si sa poco, pochi ne hanno scritto, W. Benjamin, Chatwin, U. Eco
- e più per spiegare se stessi, i propri eccessi (in rapporto al reddito), la “fissazione”.
È in realtà fermare il tempo. Vivere il passato, più passati. “A me capita con
le motociclette”, continua Chiara Grom Negro, “che sono bellezza, tecnologia,
storia. E, per capire l’esperienza di chi ci ha preceduto, scelgo di percorrere
le stesse strade di cento anni fa, vestita con l’abbigliamento di cento anni
fa. Per provare la stessa poesia del disagio e dell’avventura”.
Creatività – Non è
ideologica – o l’ideologia non è creativa? Soprattutto, non c’è creatività in democrazia?
Il genio si lega a epoche e regimi principeschi, anche imperiali, dai tiranni assiro-mesopotamici
ai sovrani indù e imperatori cinesi, agli imperatori romani, e successivi, papi,
principi. Il tema curiosamente solleva l’architetto Desideri, a proposito di
una sua collaborazione giornalistica e di “una lunga e appassionata discussione
sul tema del rapporto fra creatività e democrazia” che ha avuto con Eugenio Scalfari
(“100 volte Scalfari”, p. 224): “Concordavamo che, furi da ogni ideologia, non
c’è proprio alcun rapporto”. Ma, più che i regimi politici, non conta la
committenza? Plurima, suntuaria, quella dispotica, misurata quella democratica.
L’arte, la creatività, è suntuaria? Supererogatoria, superflua?
Destra-sinistra -
È un diverso senso della critica della storia – della Verità? Sartre, “ultracomunista” critico premio Stalin, ossessionato dalla
politica di cui fu sempre cattivo
maestro (già “ultracomunista” – Merleau-Ponty -, si apprestava a negare il
Nobel per la letteratura come insegna capitalista e ad accreditarsi padre
nobile del ’68), si vede bambino in “Le parole”, p.67 (1964) “pronto ad ammettere - se soltanto fossi stato in età di comprenderle
– tutte le massime di destra che un vecchio uomo di sinistra (il nonno
materno-padre putativo, nd.r.) mi insegnava con le sue condotte: che la Verità
e la Favola non una stessa cosa, che bisogna vivere la passione per sentirla,
che l’uomo è un essere di cerimonia. Ero stato convinto che noi eravamo creati
per recitare”.
Errore – È il testimone della verità.
Felicità – “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti
queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal
Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la
Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”, è il secondo capoverso
della Dichiarazione di Indipendenza americana del 4 luglio 1776. Un comma sul
quale si scrive molto, a proposito del “perseguimento della felicità” fra i
diritti fondamentali. Nella prima bozza c’era la “proprietà”, il possesso, non
la felicità.
Un riferimento non asociale, non antidemocratico,
quello alla proprietà, venendo prima della rivoluzione francese. Anzi, in linea
con la rivoluzione francese, se (che) fu quella del Terzo Stato, della borghesia,
intellettuale e produttiva.
Memoria – Prolunga la vita, delle persone, le cose, gli
eventi. E la trasforma – la varia, la atteggia, la trasforma, anche radicalmente.
Cioè la crea.
È il fondamento della storia ma anche l’essenza
della vita.
Se la memoria è anche pre-natale, affonda in
radici remotissime – mitocondriali. Ha avuto e perpetua una vita lunghissima.
La morte nel quadro della memoria diventa solo un
momento, per quanto tagliente, e indifendibile imprevedibile, incurabile,
etc.) - “la memoria resiste”,
Annie Ernaux.
Psicoterapia – Si può dire
il “metodo”, o la terapia, della mula mula del Berni, la quale sollevava i sassi per
inciamparvi dentro. Il “mestiere di vivere”
sospeso di Cesare Pavese, il male di vivere, o dell’inadeguatezza come ora è
d’uso dire, dilaga però in letteratura, nel giornalismo, tra i divi del cinema
e della canzone, ambiti che pure richiedono nervi saldi, volontà decisa, perseveranza,
organizzazione, piani finanziari discussi e ridiscussi. Inadeguatezze pure avvincenti,
un secolo fa, quando emergevano, in Joyce, in Saba, nello stesso Proust, o in
Kerouac, Carver, Lucia Berlin.
zeulig@antiit.eu
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