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giovedì 31 ottobre 2024

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (575)

Giuseppe Leuzzi


Nove dei dieci saggi che componevano nel 1975 la raccolta di Ernst Jünger intitolata “Il contemplatore solitario” sono ambientati nel Mediterraneo. Quasi tutti, direttamente o indirettamente, in Italia, nel Sud, Sicilia e Sardegna in particolare. Non al modo dei viaggiatori del Grand Tour, del primitivo e del pittoresco, ma come temi e occasioni di riflessioni - di vivere la propria vita di europeo, tedesco, mago (analista) del profondo. “La suite meridionale è gaia e distesa”, può notare il curatore della raccolta, il germanista francese Henri Pilard.
 
Si riciclano le cifre del “sorpasso” del Sud: nel ‘24 il pil cresciuto del’1,2 per cento, e al Nord solo dello 0,5, “grazie anche al sostegno del turismo straniero” - una miniera in effetti a cielo aperto al Sud, se solo si volesse servire un piatto di pasta come ovunque altrove. Ma ora non ci si nasconde che “all’orizzonte si profilano due rischi: gli scarsi consumi e lo spopolamento”. Come dire niente? Lo spopolamento? Il reddito basso - i consumi seguono il reddito?
 
Antimafia da correzionale
Con l’inchiesta milanese sui dati rubati da Carmine Gallo veniamo a sapere dell’esistenza di uno strumento, Ma.Cr.O., Mappe Criminalità Organizzata, riservato “solo a pochissimi operatori sul territorio nazionale”, come scrive il “Giornale di Calabria”, “all’interno del quale sono riportati tutti i nominativi dei soggetti affiliati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso, con indicazione dei ruoli dagli stessi ricoperti all’interno delle rispettive organizzazioni, famiglie, cosche, clan, ‘ndrine, locali”. Ma non si sapeva, per esempio, del Bellocco che, condannato a nove anni, gestiva a Milano – ci tentava – la “curva” dell’Inter, tanto da finire sparato. Come non sappiamo, s’immagina, dei fornitori di cocaina al più grande mercato europeo, sempre Milano. E più in generale della partenogenesi delle mafie. Specie di quella meno illustre o meno sanguinaria, la ‘ndrangheta calabrese, gestita da personaggi di poco e pochissimo conto, elevati dai Servizi e Saviano a Fantomas, Houdini, con un pizzico di Cagliostro e di Arsenio Lupin.
Ma non c’è solo il Ma.Cr.O.. Lo stesso Carmine Gallo è stato un superpoliziotto specialista, sempre a Milano, di ‘ndrangheta. Al punto da riuscire a liberare, da solo?, senza riscatto?, la rapita Alessandra Sgarella. Gallo lavorava a Milano quando Maria Serraìno, una donna semianalfabeta di Cardeto, sotto Gambarie sull’Aspromonte, moglie di un contrabbandiere di sigarette condannato 65 volte in 35 anni, detta “La Signora” e “Mamma eroina”, sempre a Milano praticava di tutto, dalla ricettazione allo spaccio e all’usura, liberamente in casa sua, in piazza Alpi – ha potuto farlo per trent’anni. Con sfoggio di fuoriserie e stravaganze dei figli, specie del primogenito, che liberamente intermediava i fornitori sudamericani a Marbella, la Forte dei Marmi spagnola. Indisturbata, fino a che una figlia, in crisi di eroina, non crollò, si sfogò, e gli arresti furono obbligati.
Un’antimafia del “catalogo è questo”? Leggerina, mozartiana? Un’antimafia da correzionale – in superficie, per peccati veniali?
 
Sudismi\sadismi – la strage e l’oblio
Grandi titoli e grandi articoli sui giornali della Calabria, “Giornale di Calabria”, “Gazzetta del Sud”, e “LaCNews24.it”, sull’“ennesima strage occultata” – si presume dal governo, o forse dalla Marina. In Calabria, sennò dove altro – è in Calabria che la memoria è corta, anzi non c’è, la storia “non esiste”. Si è scoperta attraverso l’avventurosa Rai 3 in cerca di ascolti, la trasmissione d’inchiesta o scandalistica “Report”. Una “tragedia occultata” che gli stessi media calabresi avevano invece spiegato per molti giorni quando avvenne, a giugno – chiunque ne trova i testi e le immagini online, dal 17 al 26 giugno (il ripescaggio dei cadaveri fu difficoltoso, il naufragio era avvenuto in mare aperto).
Il “Giornale di Calabria” fa di più. Ricorda di essersene occupato ampiamente a giugno, ma sempre gridando alla strage occultata. E questo ancora si può capire: il quotidiano reca ancora qualche traccia di Giacomo Mancini, il socialista che lo ha patrocinato alla fondazione, e quindi prova a pressare il governo di destra. Ma collude. Il giornalismo, non sapendo fare informazione, si vuole “d’assalto”, ha cioè bisogno di bastioni da prendere. Ma quale bersaglio migliore dell’immigrazione “nascosta”, sulla costa magnogreca, da Roccella a Capo Rizzuto, con sbarchi settimanali se non giornalieri? La rotta jonica. Dalla Turchia, dove ogni singolo metro quadro è controllato occhiutamente. Da Smirne in Turchia, il porto più grande e più controllato. Dalla Turchia di Erdogan, che prende dall’Unione Europea tre o sei miliardi l’anno - non si riesce a sapere - per un primo controllo (come quello che Meloni vorrebbe delegare all’Albania) dell’immigrazione dal Medio Oriente.
Come non detto: se non c’è l’imbeccata non c’è nemmeno giornalismo – non in Calabria, come si vede?  
 
Il Sud, il meglio del peggio
Sarà vero che quest’anno, come l’anno scorso, e il 2022?, il pil del Sud cresce più del dato italiano complessivo – che il Sud trascina. Però, la realtà è scoraggiante. Meglio di tutti lospiega l’Ansa, che vale trascrivere:
“Eurostat, Sud Italia maglia nera in Ue per l’occupazione
In Campania, Sicilia e Calabria meno della metà occupata
Nel 2023, l’Italia meridionale si conferma maglia nera in Ue per il tasso di occupazione, la percentuale di persone occupate tra i 20 e i 64 anni rispetto alla popolazione totale (della stessa età).
Lo rileva Eurostat certificando il tasso di occupazione dell'Ue nel complesso al 75,3%, in aumento di 0,7% rispetto al 2022.
Se nella regione della capitale polacca di Varsavia si osservava il tasso di occupazione più alto lo scorso anno, pari all'86,5%, in tre regioni italiane meno della metà della popolazione in età
lavorativa era occupata, rispettivamente Calabria e Campania (entrambe con un tasso del 48,4%) e Sicilia (48,7%).
L’ufficio statistico dell’Ue assegna all’Italia anche il primato delle disparità regionali più elevate, con un coefficiente di variazione del 16,3%, davanti a Belgio (8,5%) e Romania (7,7%). Guardando alle percentuali regionali, a far meglio la Val d’Aosta (con un tasso del 77,3%), Emilia Romagna (75,9%), seguite da Veneto (75,7%), Trento (75,6%), Lombardia (74,6%), Toscana (74,5%), Friuli Venezia Giulia (73,8%), Marche (72,6%), Piemonte e Liguria (entrambi a 72,2%), Umbria (71,8%), Lazio (68,1%) e Abruzzo (66%). Seguono infine Molise (60,9%), Sardegna (59,9%), Basilicata (59,1%), Puglia (54,7%)”.    
Anche mettendo nel conto il lavoro nero la cosa non migliora.
Considerando poi che la Polonia trent’anni fa partiva da zero (arava coi buoi)…
Cosa cresce allora? Il lavoro povero. Vale per il Sud specialmente quello che Prometeia, il centro studi creato da Prodi a Bologna, e Alessandro Profumo spiegano nell’ultimo numero del settimanale
“L’Economia”: il lavoro, dove c’è, è in settori a bassa produttività, l’edilizia, il turismo, e quindi con bassi salari: più addetti, e più ore lavoro, per lo stesso prodotto, di scarsa qualità o valore aggiunto. Si crea “lavoro povero”, spiega Alessandro Profumo, “aumenta l’occupazione ma non il reddito” – e non s’innesca l’elica ascensionale della crescita, economica e sociale insieme, il mix di capitale, infrastrutture. capacità manageriale e reddito diffuso.
Il colpo d’occhio di Profumo è da considerare, un manager di esperienza e di successo, già a capo di Finmeccanica-Leonardo, e prima ancora grande banchiere, creatore di Unicredit, di cui ha fatto la prima banca transborder in Europa, con acquisizioni in Austria, Germania e altrove presto rivalutate (ora Unicredit è in corsa perfino per l’acquisizione di Commerzbank, la seconda più grande banca tedesca), aggregando al Credito Italiano molte realtà locali (purtroppo non meridionali): “Il piccolo è bello se cresce”. Il lavoro non cresce? “Si tratta di lavoro povero. Sta aumentando l’occupazione”, nell’edilizia e nei servizi, “ma non il reddito disponibile”.
 
La Fiera campionaria delle intercettazioni
Si può pensare dei dossieraggi a tappeto denunciati a Milano che sono la vecchia agenzia di indagini, degli investigatori privati. Di corna, liti in famiglia, liti tra soci, padri in ansia per le figlie, piccole vendette. In grande, gli strumenti essendosi modificati: non più appostamenti, teleobiettivi, effrazioni, pedinamenti, basta sedersi a un tavolino davanti al computer con un mouse. Con pochi collaboratori esterni “specializzati” in qualcosa, sempre mal pagati. Anche l’uomo che ha inventato il dossieraggio telematico e lo gestisce rientra nel vecchio quadro del detective privato o agenzia d’investigazioni: un ex poliziotto, di molto mestiere e ancora qualche entratura. Ma c’è un ma. Che l’azienda è stata creata, ed è di proprietà, dell’uomo chiave del business milanese per eccellenza – che ha fatto grande Milano: la Fiera. Le decine, centinaia di fiere, generaliste (esposizioni universali comprese) e superspecializzate, che hanno fatto di Milano la grande piazza commerciale e finanziaria che è. L’esito di otto-nove secoli di incessante attività fieristica - dalle tante fiere medievali sparse per l’Europa, Inghilterra compresa, di cui i lumbard erano il cuore (solo per un paio di secoli con la concorrenza dei fiorentini).
 
Il Sud non è verde – e povero
Si lega il Sud, l’immagine del Sud, isole comprese, al mare e al verde. Non è così. L’ultimo rapporto “Ecosistema Urbano 2024” di Legambiente documenta anzi che quanto a “verde” il Sud va peggiorando – si dice verde per il più comprensivo green, la vivibilità ambientale urbana. Se ne fa una graduatoria, e uno studio, sulla base di venti indicatori, che coprono i sei principali componenti ambientali della vita in città: qualità dell’aria, acqua, rifiuti, mobilità, energia, ambiente propriamente inteso (sanità, scuole, numero di alberi di proprietà pubblica, etc,). Tra le prime 50 città meglio amministrate solo tre sono del Sud: Cosenza al 13m posto, Cagliari al 24mo, Enna al 43mo. Tra le dieci peggiori otto città sono invece meridionali. In questo ordine decrescente: Caserta, Catanzaro, Vibo Valentia, Palermo, Napoli, Crotone, Reggio Calabria, Catania – con Imperia prima di Caserta e Fermo prima di Vibo.
I dati sono negativi in particolare per la gestione dell’acqua. Le perdite degli acquedotti si aggravano invece di ridursi, come si penserebbe data la vetustà della “questione acqua”, sollevata da Franco Tatò quando era all’Enel, quindi quarant’anni fa - se non altro per contrastare la siccità. E per i rifiuti, il consumo del suolo, la mobilità, specie regionale, le energie rinnovabili.
Un fatto in particolare penalizza le città calabresi: la mancanza di dati Arpa sulla qualità dell’aria, che l’Agenzia regionale protezione ambientale monitora, o dovrebbe monitorare. In una regione dove pure la qualità dell’aria, “a naso”, è migliore che in tante altre città, se non altro per effetto della circolazione e dell’attività produttiva ridotte.
Catanzaro perde più di 30 posizioni rispetto al precedente Rapporto. Cosenza, Vibo Valentia e Reggio scendono di 6 posizioni, Crotone di 4. Catanzaro, in particolare, si distingue per gli altissimi “consumi” di acqua, 280 litri pro capite al girono, per la metà dispersi o per le troppe costruzioni (consumo di suolo non proporzionato alle esigenze residenziali, secondo il Rapporto).
Quest’ultimo punto riapre il quesito: c’è tanta ricchezza (se si costruisce tanto, in eccesso) nella povertà? Come e quanto sono reali i dati sulla povertà?
 
òeuzzi@antiit.eu

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