A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (575)
Giuseppe Leuzzi
Nove dei dieci saggi che
componevano nel 1975 la raccolta di Ernst Jünger intitolata “Il contemplatore
solitario” sono ambientati nel Mediterraneo. Quasi tutti, direttamente o indirettamente,
in Italia, nel Sud, Sicilia e Sardegna in particolare. Non al modo dei viaggiatori
del Grand Tour, del primitivo e del pittoresco, ma come temi e occasioni di riflessioni
- di vivere la propria vita di europeo, tedesco, mago (analista) del profondo. “La
suite meridionale è gaia e distesa”, può notare
il curatore della raccolta, il germanista francese Henri Pilard.
Si
riciclano le cifre del “sorpasso” del Sud: nel ‘24 il pil cresciuto del’1,2 per
cento, e al Nord solo dello 0,5, “grazie anche al sostegno del turismo straniero”
- una miniera in effetti a cielo aperto al Sud, se solo si volesse servire un
piatto di pasta come ovunque altrove. Ma ora non ci si nasconde che “all’orizzonte
si profilano due rischi: gli scarsi consumi e lo spopolamento”. Come dire
niente? Lo spopolamento? Il reddito basso - i consumi seguono il reddito?
Antimafia da correzionale
Con
l’inchiesta milanese sui dati rubati da Carmine Gallo veniamo a sapere dell’esistenza
di uno strumento, Ma.Cr.O., Mappe Criminalità Organizzata, riservato “solo a
pochissimi operatori sul territorio nazionale”, come scrive il “Giornale di
Calabria”, “all’interno del quale sono riportati tutti i nominativi dei
soggetti affiliati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso, con
indicazione dei ruoli dagli stessi ricoperti all’interno delle rispettive
organizzazioni, famiglie, cosche, clan, ‘ndrine, locali”. Ma non si sapeva, per
esempio, del Bellocco che, condannato a nove anni, gestiva a Milano – ci
tentava – la “curva” dell’Inter, tanto da finire sparato. Come non sappiamo,
s’immagina, dei fornitori di cocaina al più grande mercato europeo, sempre
Milano. E più in generale della partenogenesi delle mafie. Specie di quella
meno illustre o meno sanguinaria, la ‘ndrangheta calabrese, gestita da personaggi
di poco e pochissimo conto, elevati dai Servizi e Saviano a Fantomas, Houdini, con
un pizzico di Cagliostro e di Arsenio Lupin.
Ma
non c’è solo il Ma.Cr.O.. Lo stesso Carmine Gallo è stato un superpoliziotto specialista,
sempre a Milano, di ‘ndrangheta. Al punto da riuscire a liberare, da solo?, senza
riscatto?, la rapita Alessandra Sgarella. Gallo lavorava a Milano quando Maria
Serraìno, una donna semianalfabeta di Cardeto, sotto Gambarie sull’Aspromonte, moglie
di un contrabbandiere di sigarette condannato 65 volte in 35 anni, detta “La
Signora” e “Mamma eroina”, sempre a Milano praticava di tutto, dalla
ricettazione allo spaccio e all’usura, liberamente in casa sua, in piazza Alpi –
ha potuto farlo per trent’anni. Con sfoggio di fuoriserie e stravaganze dei
figli, specie del primogenito, che liberamente intermediava i fornitori
sudamericani a Marbella, la Forte dei Marmi spagnola. Indisturbata, fino a che
una figlia, in crisi di eroina, non crollò, si sfogò, e gli arresti furono
obbligati.
Un’antimafia del “catalogo
è questo”? Leggerina, mozartiana? Un’antimafia da correzionale – in superficie,
per peccati veniali?
Sudismi\sadismi – la
strage e l’oblio
Grandi titoli e grandi articoli
sui giornali della Calabria, “Giornale di Calabria”, “Gazzetta del Sud”, e “LaCNews24.it”,
sull’“ennesima strage occultata” – si presume dal governo, o forse dalla
Marina. In Calabria, sennò dove altro – è in Calabria che la memoria è corta,
anzi non c’è, la storia “non esiste”. Si è scoperta attraverso l’avventurosa
Rai 3 in cerca di ascolti, la trasmissione d’inchiesta o scandalistica “Report”.
Una “tragedia occultata” che gli stessi media calabresi avevano invece spiegato
per molti giorni quando avvenne, a giugno – chiunque ne trova i testi e le
immagini online, dal 17 al 26 giugno (il ripescaggio dei cadaveri fu
difficoltoso, il naufragio era avvenuto in mare aperto).
Il “Giornale di Calabria”
fa di più. Ricorda di essersene occupato ampiamente a giugno, ma sempre gridando
alla strage occultata. E questo ancora si può capire: il quotidiano reca ancora
qualche traccia di Giacomo Mancini, il socialista che lo ha patrocinato alla fondazione,
e quindi prova a pressare il governo di destra. Ma collude. Il giornalismo, non
sapendo fare informazione, si vuole “d’assalto”, ha cioè bisogno di bastioni da
prendere. Ma quale bersaglio migliore dell’immigrazione “nascosta”, sulla costa
magnogreca, da Roccella a Capo Rizzuto, con sbarchi settimanali se non
giornalieri? La rotta jonica. Dalla Turchia, dove ogni singolo metro quadro è
controllato occhiutamente. Da Smirne in Turchia, il porto più grande e più
controllato. Dalla Turchia di Erdogan, che prende dall’Unione Europea tre o sei
miliardi l’anno - non si riesce a sapere - per un primo controllo (come quello
che Meloni vorrebbe delegare all’Albania) dell’immigrazione dal Medio Oriente.
Come non detto: se non c’è l’imbeccata non c’è nemmeno
giornalismo – non in Calabria, come si vede?
Il Sud, il meglio del peggio
Sarà
vero che quest’anno, come l’anno scorso, e il 2022?, il pil del Sud cresce più
del dato italiano complessivo – che il Sud trascina. Però, la realtà è
scoraggiante. Meglio di tutti lospiega l’Ansa, che vale trascrivere:
“Eurostat, Sud Italia maglia nera in Ue per l’occupazione
In Campania, Sicilia e Calabria meno della metà
occupata
Nel 2023, l’Italia meridionale si conferma maglia nera in Ue per il
tasso di occupazione, la percentuale di persone occupate tra i 20 e i 64 anni rispetto alla
popolazione totale (della stessa età).
Lo rileva Eurostat certificando il tasso di occupazione dell'Ue nel
complesso al 75,3%, in aumento di 0,7% rispetto al 2022.
Se nella regione della capitale polacca di Varsavia si osservava il
tasso di occupazione più alto lo scorso anno, pari all'86,5%, in tre regioni italiane meno della metà
della popolazione in età
lavorativa era occupata, rispettivamente Calabria e Campania (entrambe
con un tasso del 48,4%) e Sicilia (48,7%).
L’ufficio statistico dell’Ue assegna all’Italia anche il primato delle
disparità regionali più elevate, con un coefficiente di variazione del 16,3%, davanti a Belgio (8,5%) e
Romania (7,7%). Guardando alle percentuali regionali, a far meglio la Val d’Aosta (con un tasso
del 77,3%), Emilia Romagna (75,9%), seguite da Veneto (75,7%), Trento (75,6%), Lombardia (74,6%),
Toscana (74,5%), Friuli Venezia Giulia (73,8%), Marche (72,6%), Piemonte e Liguria (entrambi a
72,2%), Umbria (71,8%), Lazio (68,1%) e Abruzzo (66%). Seguono infine Molise (60,9%), Sardegna
(59,9%), Basilicata (59,1%), Puglia (54,7%)”.
Anche mettendo nel conto il lavoro nero la cosa non migliora.
Considerando poi che la Polonia trent’anni fa partiva da zero (arava
coi buoi…).
Cosa cresce allora? Il lavoro povero. Vale per il Sud specialmente quello
che Prometeia, il centro studi creato da Prodi a Bologna, e Alessandro Profumo spiegano nell’ultimo
numero del settimanale
“L’Economia”: il lavoro, dove c’è, è in settori a bassa produttività, l’edilizia,
il turismo, e quindi con bassi salari: più addetti, e più ore lavoro, per lo stesso
prodotto, di scarsa qualità o valore aggiunto. Si crea “lavoro povero”, spiega Alessandro Profumo, “aumenta
l’occupazione ma non il reddito” – e non s’innesca l’elica ascensionale della crescita,
economica e sociale insieme, il mix di capitale, infrastrutture. capacità manageriale e reddito diffuso.
Il colpo d’occhio di Profumo è da considerare, un manager di esperienza
e di successo, già a capo di Finmeccanica-Leonardo, e prima ancora grande banchiere, creatore di Unicredit,
di cui ha fatto la prima banca transborder in Europa, con acquisizioni
in Austria, Germania e altrove presto rivalutate (ora Unicredit è in corsa perfino per l’acquisizione di
Commerzbank, la seconda più grande banca tedesca), aggregando al Credito Italiano
molte realtà locali (purtroppo non meridionali): “Il piccolo è bello se cresce”. Il lavoro non cresce? “Si
tratta di lavoro povero. Sta aumentando l’occupazione”, nell’edilizia e nei servizi, “ma non il reddito
disponibile”.
La Fiera campionaria delle intercettazioni
Si può
pensare dei dossieraggi a tappeto denunciati a Milano che sono la vecchia
agenzia di indagini, degli investigatori privati. Di corna, liti in famiglia, liti tra soci, padri in ansia
per le figlie, piccole vendette. In grande, gli strumenti essendosi modificati:
non più appostamenti, teleobiettivi, effrazioni, pedinamenti, basta sedersi a
un tavolino davanti al computer con un mouse. Con pochi collaboratori esterni “specializzati”
in qualcosa, sempre mal pagati. Anche l’uomo che ha inventato il dossieraggio
telematico e lo gestisce rientra nel vecchio quadro del detective privato o
agenzia d’investigazioni: un ex poliziotto, di molto mestiere e ancora qualche
entratura. Ma c’è un ma. Che l’azienda è stata creata, ed è di proprietà, dell’uomo
chiave del business milanese per eccellenza – che ha fatto grande Milano: la
Fiera. Le decine, centinaia di fiere, generaliste (esposizioni universali comprese)
e superspecializzate, che hanno fatto di Milano la grande piazza commerciale e finanziaria
che è. L’esito di otto-nove secoli di incessante attività fieristica - dalle
tante fiere medievali sparse per l’Europa, Inghilterra compresa, di cui i lumbard erano il cuore (solo per un paio di secoli
con la concorrenza dei fiorentini).
Il Sud non è verde – e povero
Si
lega il Sud, l’immagine del Sud, isole comprese, al mare e al verde. Non è
così. L’ultimo rapporto “Ecosistema Urbano 2024” di Legambiente documenta anzi
che quanto a “verde” il Sud va peggiorando – si dice verde per il più comprensivo
green, la vivibilità ambientale urbana. Se ne fa
una graduatoria, e uno studio, sulla base di venti indicatori, che coprono i sei
principali componenti ambientali della vita in città: qualità dell’aria, acqua,
rifiuti, mobilità, energia, ambiente propriamente inteso (sanità, scuole, numero di alberi di
proprietà pubblica, etc,). Tra le prime 50 città meglio amministrate solo tre
sono del Sud: Cosenza al 13mo posto, Cagliari al 24mo, Enna al 43mo. Tra le dieci
peggiori otto città sono invece meridionali. In questo ordine decrescente:
Caserta, Catanzaro, Vibo Valentia, Palermo, Napoli, Crotone, Reggio Calabria, Catania
– con Imperia prima di Caserta e Fermo prima di Vibo.
I dati
sono negativi in particolare per la gestione dell’acqua. Le perdite degli acquedotti
si aggravano invece di ridursi, come si penserebbe data la vetustà della “questione
acqua”, sollevata da Franco Tatò quando era all’Enel, quindi quarant’anni fa - se
non altro per contrastare la siccità. E per i rifiuti, il consumo del suolo, la
mobilità, specie regionale, le energie rinnovabili.
Un fatto
in particolare penalizza le città calabresi: la mancanza di dati Arpa sulla qualità
dell’aria, che l’Agenzia regionale protezione ambientale monitora, o dovrebbe
monitorare. In una regione dove pure la qualità dell’aria, “a naso”, è migliore
che in tante altre città, se non altro per effetto della circolazione e dell’attività
produttiva ridotte.
Catanzaro
perde più di 30 posizioni rispetto al precedente Rapporto. Cosenza, Vibo Valentia
e Reggio scendono di 6 posizioni, Crotone di 4. Catanzaro, in particolare, si
distingue per gli altissimi “consumi” di acqua, 280 litri pro capite al giorno,
per la metà dispersi, e per le troppe costruzioni (consumo di suolo non proporzionato
alle esigenze residenziali, secondo il Rapporto).
Quest’ultimo
punto riapre il quesito: c’è tanta ricchezza (se si costruisce tanto, in
eccesso) nella povertà? Come e quanto sono reali i dati sulla povertà?
leuzzi@antiit.eu
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