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Annie erotica, col cancro al seno
Sotto
l’insegna di Bataille, “l’erotismo è l’approvazione della vita fin nella
morte”, il racconto del rapporto convulso, urgente, da strapparsi di dosso gli
indumenti, che i due autori hanno avuto nei mesi in cui lei affrontava un tumore
alla mamella. Attraverso la rilettura del dopo, la mattina dopo, un’ora dopo,
fotografando il disordine cerato dall’urgenza.
Un
racconto a due voci, del 2003, l’anno del tumore. Un esercizio in feticismo? Un
“diario intimo” quale ha coniato Baudelaire - “dell’amore e la morte”, Marc
Marie annota in fine. Un testo breve lei, uno lui - che ha avuto l’idea di
fotografare il “dopo”. Di annotazioni, ricordi, riflessioni. Erotizzanti. Quali
sono a lei congeniali: non c’è altroscrittore-scrittrice altrettanto capace di
fare rivivere il corpo, l’urgenza del sesso (“Perdersi”, “Passione semplice”, “Hotel Casanova”, “Il ragazzo”).
Lui
ha quarant’anni, 22 meno di lei. I mesi della passione sono quelli del tumore, della
chemio, la depilazione spontanea di tutto il corpo, la parrucca, le capsule e i
cateteri sottopelle, la lunga convalescenza dopo l’operazione. E della
menopausa. E niente, “questo non ci impediva di fare l’amore”. Col comento
sacrilego: “Se mi riferisco alla preghiera dei vecchi messali, «Sul buon uso
delle maalttie», il mio, di uso, mi pare il migliore che abiba potuto dare al
cancro”. Così, con allegria. E senza necrofilia, nemmeno lamentazioni. Vent’anni
prima, nel febbraio 1986, lei ricorda a proposito di Bruxelles, dove lui è
cresciuto, era a letto “con Z., e mia madre doveva morire all’improvviso due mesi
dopo”, all’hotel Amigo.
All’Amigo,
“ora del gruppo Forte”, ritornerà con lui, in una delle pause che il tumore le
lascia – ma di preferenza andranno in Italia, a Venezia d’estate, e a Roma a
Natale. Con l’elogio dell’amore in albergo, in ambiente impersonale, il sesso
per il sesso. Nel 1984 l’ha fatto con un innominato a Parigi in un hotel de
passe, un alberghetto a ore, un non luogo buono per “l’amore senza conseguenze”.
E una filosofia: “La camera d’albergo,
con la sua doppia fugacità, quella del tempo e quella del luogo, è per me il
posto che fa più provare il dolore dell’amore. Nello stesso tempo ho sempre
avuto l’impressione che fare l’amore in albergo non impegna, perché, in certo
modo, non vi si è nessuno. Per le stesse ragioni, è senza dubbio più facile
morirvi, come Pavese, o Marco Pantani”, p. 39.
La
storia di un rapporto fisico, di letto. Insistito fino all’idea di immortalarne
con la fotografia i resti. Che Ernaux apre con un colpo di cui è maestra,
sintetico e spiazzante. Commentando la prima foto, di lui presa da lei “l’11
febbraio, dopo una colazione rapida” – “dovevo prendere il Rer per andare a Parigi”, l’espresso regionale per pendolari,
“non avevamo avuto il tempo di fare l’amore. La foto era qualcosa di
sostitutivo”. Ma quella può descriverla, non pubblicarla: “Il sesso di profilo
è in erezione”. È il suo Courbet, insiste, “L’origine du monde”. Ma non solo,
la foto “presenta anche molte analogie con una scena di cui sono stata la
spettatrice l’estate dei miei 23 anni, alla stazione Termini a Rma, mentre
mangiavo un hot-dog, appoggiata al finestrino aperto del treno in partenza- Nel
treno fermo dall’altro lato della banchina un membro eretto fuori dai pantaloni
era violentemente masturbato dalla mano di un uomo nascosto fino alla vita
dalla tendina, che aveva abbassato a metà, di uno scompartimento di prima”.
Un
racconto di amore e morte. Sotto l’alea del tumore, con cateteri e sensori anzi
attaccati o dentro il busto, si fa l’amore con furore, proprio come vuole la
rima. Ovunque, all’Amigo come nella pensione su tetti di Venezia. E a casa di
lei, un lungo percorso in Rer a 40 km da Parigi, su ogni superficie, per l’eccitazione
sempre convulsa, in cucina, nel corrisoio, sul tappeto, sulla scrivania
perfino, sancta sanctorum della scritrice. E dopo, un’ora dopo, la mattina
dopo, si fotografa la testimonianza della frenesia, scarpe, calze, gonne, camicette,
slip, reggiseni, maglioni e magliette sparsi in disordine, abbandonati sul
pavimento, su un canapé, ai piedi del letto al momento della passione. Fotografarli
ricrea l’eccitazione – non per il lettore:
nature morte fredde, tra molte pagine bianche, le riproduzioni come al
solito sono povere, spente quando si farciscono i libri di foto come pagine (le
immagini,anche le più sguarnite, hanno bisogno di luce, di carta patinata).
Il
tempo dell’evoluzione del tumore, anzi della remissione, poi il rapporto -
l’urgenza, che voleva la di lui pazienza? - svanisce. Con i viaggi in Italia, a
Roma e a Venezia. Molta Venezia, evocata e vissuta. Marie lega l’idea delle
foto al dipinto di De Chirico “La torre rossa”, di cui ha avuto da ragazzo in camera la riproduzione a grandezza
naturale, l’originale ritrovando al Guggenheim di Venezia.
Un
libro intimo aperto. Dispiegato, come la centerfold,
la foto centrale che ornava “Playboy”, con la pin-up a gambe divaricate. Per Annie la fotografia ha un potere erotico:
“Lo scatto dell’apparecchio è una strana stimolazione del desiderio, che spinge
ad andare più lontano”. E dà alla donna il potere erettile dell’uomo: “Quando sono
io che prendo la foto, la regolazione dello zoom è un’eccitazione particolare,
come se avessi un sesso maschile – credo che molte donne provano questa sensazione.
E ogni volta lo scatto dell’appaecchio mi fa trasalire il cervello di piacere”.
Annie
Ernaux-Marc Marie, Annie erotica, col cancro al seno, pp. 160, ill. € 16
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