Cerca nel blog

martedì 15 ottobre 2024

Attorno all’Aspromonte, la Calabria reinventata

Santino Salerno ha raccolto alcune prose sparse dello scrittore suo conterraneo dedicate ai “luoghi di Corrado Alvaro”: i luoghi dell’infanzia, e la famiglia, il fratello sacerdote, don Massimo, la madre che gli sopravvisse, Antonia Giampaolo. Scritti degli anni 1950-1960. Corredandole di altri scritti su Polsi, il lungo di culto oggetto del primo scritto di Alvaro, sedicenne, indotto dallo zio prete, fratello della mamma, che gli insegnava il latino, e da lui fatto stampare, a firma “Corrado Alvaro, studente liceale”.
Il filo su cui Zappone si interroga a lungo, ma che riesce a sciogliere, è il peso enorme del luogo natio nell’opera di Alvaro, aneddoti, personaggi, fantasie, mitologie, e la sua lontananza dal paese, dove è tornato in trent’anni due o tre volte, per poche ore, l’ultima in morte del padre – mentre tornerà dopo più volte, nella vicina Caraffa del Bianco, dove il fratello Massimo era parroco, per fare visita alla madre. È un mistero su cui Zappone - che per una stagione lavorò a Roma e una notte conobbe Alvaro, che s’intrattenne con lui come con una vecchia conoscenza – non risolve. Oppure sì, con la fantasia.
Zappone, reduce mutilato di guerra, non si ambientò a Roma, e tornò a vivere a Palmi. Scrivendo racconti, e corrispondenze per vari giornali, Scrittore per una breve stagione apprezzato e premiato, da ultimo al Cinzano nel 1957 (con Umberto Saba alla memoria), corrispondente o inviato inventivo, umorale, faceto, è page turner come pochi. La morte, in un momento di sconforto, a 74anni, il 6 novembre 1976, lo ha seppellito anche nella memoria.
Salerno ne ha recuperato alcune sapide corrispondenze, e qualche testo inedito. Corredando la raccolta di un’introduzione breve e sapidissima, biografica e anamnestica. E di note brevi che si leggono anch’esse come racconti. La prima, su due lettere di Sciascia a Zappone, dice quanto la corrispondenza e la biografia di Sciascia manchino.
Fuori raccolta altri pezzi di varia curiosità. La Maga Sibilla a Polsi e il “Guerin Meschino” volgarizzato da Andrea di Barberino. La Madonna di Mileto contesa ogni anno a luglio – contesa a bastonate – tra i marinai di Mileto e i caprai di Pentedattilo, allora abitata. Il famoso “bandito” Giuseppe Musolino, interlocutore compito, già oratore (in sua difesa) di rara eloquenza, nel manicomio di Reggio dove era stato rinchiuso.
Una narrativa e un mondo dentro e attorno all’Aspromonte, che si apprezza perché senza la cappa delle mafie. Molto c’è di San Luca, dei sanlucoti abigeatari irresistibili. Un Comune peraltro molto ricco, padrone di 10 mila ettari di bosco. E un paese che non ha mai smesso di farsi il pane in casa, le stesse donne lo preferiscono - lo preferivano quando Zappone ne scriveva, 50-60 anni fa, e ancora adesso – allora accendevano il fuoco “ strofinando l’acciarino contro la polvere del legno secco”. Se non è roba dell’immaginifico Zappone. Che fu famoso internazionalmente per le storie del pesce spada che si suicida per amore, e di Bobby, il cucciolo che attraversa lo Stretto a nuoto per tornare dal padrone, che lo aveva abbandonato a Messina per non poter pagare la tassa comunale sui cani. Il pesce spada invece si era lasciato morire spiaggiato alla Tonnara di Palmi per seguire la compagna morta arpionata. Non vere, ma “vere”.  
Una Calabria reinventata. Con molte curiosità. Pentedattilo com’era. Il sensale di matrimoni. Garibaldi che sempre sbarca a Melito, il 19 agosto 1860 dalla Sicilia, e il 25 agosto 1862 fatale per i suoi disegni risorgimentali. Il vento “terrano”. La marasca, la varietà di ciliegia – da cui a Zara fanno, o facevano, il maraschino. Una speciale¸salamoia per le olive. I riti e i miti di Polsi – prima del sanitarizzazione, a fine Novecento: balli tumultosi, salve di doppiette in continuazione, e molti capretti sacrificati. E soprattutto Pavese a Brancaleone, con i ricordi dei “ragazzi” – in realtà quasi tutti suoi coetanei – a cui si prestava per passatempo a dare lezioni di inglese.

Fanno racconto pure le note del curatore, per quanto brevi. L’“altro” Sciascia di due – fra le tante - lettere a Zappone. Un articolo disperso di Alvaro, “La fibbia”. Le sue due poesiole del 1914, anche queste disperse, pubblicate a Catanzaro, su “Il nuovo birichino calabrese”. La “”banda pelosa”, di strumenti tradizionali (zampogna, tamburo, piffero di canna, triangolo) suonati da pastori, caprai, pecorai, vestiti di tela grezza e calzati di “calandrelle”, calzature di pelle grezza, col pelo. La “discesa” a Polsi da Carmelia.   
Domenico Zappone, Il pane della Sibilla, Rubbettino, pp. 142 € 12

 

Nessun commento: