Gli ayatollah sono rimasti soli
È guerra tra
Israele e l’Iran, e potrebbe essere risolutiva. Nel senso di ultimo atto del
regime degli ayatollah, che hanno trascinato l’Iran alla guerra contro Israele,
senza preparazione militare, e nell’isolamento diplomatico totale. Russia e
Cina non possono essere di aiuto militarmente. E il segretario di Stato americano
Blinken non ha avuto difficoltà in tutti questi mesi a isolare Hamas e l’Iran
(Hezbollah, Houthi) nel mondo arabo – e anche in quello islamico altro che l’Iran.
Nonché avventurista
e isolato, l’Iran degli ayatollah, che si vantava terza o quarta potenza militare
mondiale al tempo dello scià, è singolarmente inetto nella sfida con Israele. Militarmente
diviso tra forze armate, pasdaran, e sostegno ai movimenti terroristici –
tale Hezbollah è risentito in Libano, non un partito di governo, una
maggioranza di governo. Su vantano missili balistici, che sono più lenti e prevedibili di un attacco aereo, facile preda della contromissilistica.
Il
silenzio dell’Iran in questa fase, delle piazze, è singolare. Ma viene letta a
Teheran come una cessata capacità di mobilitazione del regime: mai il “loro” e il
“noi”, la distanza fra il paese e il regime è stata così eloquente come in questi
mesi. Né c’è mobilitazione di nessun genere e forma contro il minacciato
attacco israeliano. E non per rassegnazione ma per protesta muta.
Un’analisi
che trova un riscontro eloquente nel discorso difensivo di Khamenei al funerale
di Nasrallah.
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