I Brics non sono per ridere
Si sottovaluta il vertice dei Brics
in corso in Russia, come una manifestazione di propaganda di Putin nella guerra
contro l’Ucraina. Sono governi democratici, più o meno, del 40 per cento della
popolazione mondiale, quattro miliardi di persone, e di un terzo - il 30-32
per cento - del pil globale. Soprattutto si sottovaluta il rapporto, che non
c’era prima della guerra e ora è stretto, della Russia con la Cina. Che sarebbe catastrofico nel caso di una confrontation aperta tra Stati Uniti e
Cina – che gli Stati Uniti non escludono, chiunque vinca fra Harris e Trump, e
per certi aspetti preparano.
A meno di una crisi di questo
genere, i Brics sono un’altra cosa. Non sono un fronte politico. Non
anti-occidentali – India, Brasile e Sudafrica hanno rapporti molto più stretti
con l’Occidente che con la Cina, e tanto meno con la Russia. Così come i nuovi
entranti Emirati Arabi, Egitto et al., e l’osservatore Arabia Saudita.
Sono – erano alla creazione – un altro modo di essere in Occidente, alla
ricerca di ragioni di scambio migliori, in quanto grandi esportatori, di
manufatti o materie prime, minerarie e agricole, e terre rare. Da qui anche la
“sfida al dollaro”, altrimenti insensata, per rapporti di cambio meno
penalizzanti.
Oggi la protesta monetaria parte
dalla Russia. Per il congelamento dei fondi della sua banca centrale a Fort Knox
e in euro, 300 miliardi di dollari, di cui si minaccia la confisca - un fatto
senza precedenti nel diritto internazionale, e nei mercati finanziari (li
porterebbe al collasso, la fuga generalizzata: la Cina ha somme colossali in Treasury
Usa), la Russia non essendo in guerra con gli Stati Uniti né con l’Europa. Ma la
protesta si limita a un’alternativa allo swift, da cui la Russia è stata
esclusa - il sistema internazionale dei pagamenti basato su dollaro e euro.
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