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Immigrazione sì, ma scelta
Finito nel porto delle
nebbie per la parte finanziaria, che era la più promettente (l’Europa hub di capitali, sul modello Usa, co l’emissione
di treasury Ue, di titoli europei, di
una sorta di Tesoro europeo), il Rapporto Draghi tiene banco, a Bruxelles e nei paesi membri, per la parte immigrazione.
È anche la parte
del Rapporto più scontata. La popolazione europea in età di lavoro, calcola Draghi,
con gli indirizzi demografici attuali, si ridurrà di 41 milioni in meno di mezzo
secolo, al 2070 – un calo del 15 per cento abbondante. Con tutta l’immigrazione
prevedibile in base ai flussi storici. Senza gli immigrati – quella quota di immigrati
di cui le economie europee hanno bisogno e che hanno la capacità di integrare –
il deficit demografico a mezzo secolo data si allargherebbe di altri 46
milioni.
All’orizzonte del mezzo
secolo, 2020, l’Europa si troverebbe con un centinaio di milioni di persone in
meno. Ma già oggi molte imprese “stanno affrontando significative carenze di
competenze. Non riuscendo a “trovare o ad attrarre” le competenze di cui hanno
bisogno.
Da qui la necessità
di una politica attiva dell’immigrazione, selettiva. Che è la carta da visita
internazionale di Meloni e il suo governo. E di von der Leyen, che su questo terreno
ha da tempo un’intesa con Meloni. Ma ora è un’esigenza anche della Germania.
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