lunedì 21 ottobre 2024

La presenza di un’assenza – all’ombra di Pavese

“Non hai altra esistenza che attraverso la tua impronta sulla mia”. Ma indicibile, inconoscibile, solo scritta, “creata”. Con pochi reperti: una conversazione casuale carpita, un paio di foto, rari ricordi di rare cugine.
La scoperta a dieci anni, ascoltando distrattamente la madre che scambiava i saluti con una signora di passaggio, di avere avuto una sorella. Premorta – “quella sì che era gentile, non questa diavolessa”. Una domenica d’agosto, che la rinvia al diario di Pavese, alla domenica di agosto quando si uccise – Pavese è un rinvio costante nell’opera di Ernaux. Una morte a cui deve la sua vita, riflette ora, giacché in famiglia il motto era: “Non si potrebbe fare per due ciò che si può fare per uno”. Una scoperta a cui si sovrappone il ricordo della morte evitata, per tetano, da bambina, infezione a cui quasi nessuno sopravvive – come se la morta doppiamente l’abbia voluto viva (un miracolo, che la madre celebrò con un viaggio di ringraziamento a Lourdes, malgrado la guerra e le restrizioni). La sorella mai conosciuta diventa di volta in volta una figura del “repertorio personale dell’immaginario”, “la santa”, “l’ombra malefica della mia infanzia”.
Un ulteriore tributo alla madre, di fatto, dopo “Una donna”. E a Pavese: la rimemorazione di un’esistenza scoperta per caso una domenica dì agosto, “forse quella in cui Pavese si suicidava in una casa di Torino”, sono le ultime parole – di una sorella che si chiamava Ginette, come la Ginia di Pavese.
Annie Ernaux, L’altra figlia, L’Orma, pp. 81 ill. € 10

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