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Baltici – Hjalmar
Schacht, il presidente della Reinchsbank (ora Bundesbank) e ministro dell’Economia
del primo governo Hitler, ricorda Hitler in uno degli incontri insoddisfatto degli
eccessi di Rosenberg, il teorico dell’arianesimo: “Ho fatto di Rosenberg, che
viene da Riga, il direttore del ‘Völkische Beobachter’, e dopo appena tre mesi
tutta la redazione è strapiena di suoi compatrioti baltici” – il “Völkische
Beobachter” era il giornale del partito Nazista. Secondo Schacht, Hitler
rimproverava a Rosenberg eccessi di “arianesimo”.
Schacht continua il ricordo nelle memorie con una sua interlocuzione consolatoria:
“Non è una novità, cancelliere. Lo stesso Goethe diceva: “i Baltici si tengono insieme
come colla”, alle Balten zum Trotz sich erhalten, tutti i Baltici
malgrado tutto si preservano. Curiosa
citazione, nonché errata: Schacht – che si pregiava di rimette e giochi di
parole - adatta ai baltici due versi di una poesiola del Singspiel (Festspiel
mit Gesang und Tanz“) “Lila”, composto da Goethe nel 1777 per i vent’anni
della duchessa Louise di Sassonia-Weimar-Eisenach. “Contro ogni violenza (allen
Gewalten zum Trutz) tieniti forte”. Ma adatta i versi originali in senso
scherzoso questa volta senza dirlo, come se fosse una citazione.
Questa la
poesiola:
“Feiger Gedanken\ Bängliches
Schwanken,\ Weibisches Zagen,\ Ängstliches Klagen\ Wendet kein Elend,\ Macht
dich nicht frei.
“Allen Gewalten\ Zum
Trutz sich erhalten,\ Nimmer sich beugen,\ Kräftig sich zeigen,\ Rufet die Arme\ Der
Götter herbei!”
Antisemitismo – Hitler trovava
solidi appoggi, oltre che in Lutero, nella migliore filosofia tedesca – Heidegger
non ha inventato neanche questo. In una celebre frase di Schopenhauer, “Parerga
e paralipomena”, di cui nel “Mein Kampf” fa tesoro del primo passaggio: “Gi ebrei
soni i grandi maestri del mentire”. Seguito dalla prima teorizzazione del
complotto mondiale: “Se qualcuno pesta i piedi a un ebreo a Francoforte, l’intera
stampa internazionale da Mosca a San Francisco alzerà la voce in lamentazione”.
Ma il copyright era di Kant, della non abbastanza celebre “Antropologia”
avventurosa, che insegnò tutta la vita: gli ebrei sono “una nazione di
ingannatori”.
Ecce Bombo – “Il titolo del
film (di Mor etti, n.d.r.) era un’espressione che la mia compagna Benedetta
Bini aveva sentito spesso dalla finestra gridata da uno straccivendolo” – Alberto
Abruzzese (“era il 1978, conoscevo Nanni che mi scelse per una particina nel
film… Interpretavo l’intellettuale un po’ trombone e frustrato”).
Germania-Italia - Presentando
i saggi di Ernst Jünger che ha riunito sotto il titolo “Il contemplatore solitario”,
il germanista francese Henri Plard notava nel 1975 che “i saggi seguenti hanno
tutti un tema meridionale, e con una sola eccezione - le pagine recenti su una
giornata passata a Lisbona – mediterraneo. Ancora una volta, un conoscitore della
letteratura tedesca evocherà esempi illustri, e quel grande movimento che, attraverso
i millenni, ha trascinato i Tedeschi (in italiano, n.d.r.. nel saggio francese)
verso l’Italia – tema inesauribile, che parte dal Medio Evo e dagli imperatori
Staufen a Dürer, a Winckelmann, a Goethe, a Nietzsche soprattutto, e a
centinaia di signori minori, senza parlare delle folle vacanziere”.
Mussolini – “Il nuovo M.
di Scurati è già sul podio”, appena uscito al primo posto per le vendite – un
volumone di 6-700 pagine. Come già i tre precedenti, altrettanto spessi e
altrettanto di successo, uno l’anno. Anche se raccontano le storie già note –
già raccontate dozzine e probabilmente centinaia di volte. Per generazioni ormai molto lontane da
Mussolini e dal fascismo. Dopo la biografia politica in otto volumi, seimila fitte
pagine, dello storico Renzo De Felice cinquant’anni fa.
Mussolini resta
il soggetto di lettura, più o meno storicizzato, preferito in Italia. Mentre si
pubblicano ricordi, foto e racconti di familiari, anche non di linea diretta. E
si fanno spettacoli teatrali sempre esauriti. Anche se la storia dovrebbe ormai
essere stata digerita ampiamente, da tutti. “M. Il figlio del secolo”, il promo
volume di Scurati sceneggiato da Popolizio, ha fatto il pieno all’Argentina di Roma,
per un mese di programmazione, trenta giorni, la “corta” settimanale inclusa - poi
per due settimane al Piccolo di Milano, che ha una capienza da quasi mille
posti.
Nievo – Stanislao,
l’ultimo della progenie, nato a Milano da Antonio, titolare di una fabbrica di
bottoni, e da Xavierine Nasalli Rocca, di ascendenze nobili, annoverava nella
biografia Treccani una nutrita ascendenza letteraria. Fra i tanti Erasmo di
Valvassone, Ciro di Pers, Ermes di Colloredo e Ippolito Nievo per la parte
paterna, e per quella materna nientemeno che Joseph e Xavier de Maistre.
A Colloredo di
Montalbano, Udine, si trova – o si trovava – “l’antico castello di proprietà
della famiglia”.
Prataioli – Sono i poeti sentimentali per il ventenne Ippolito Nievo al suo esordio
come narratore, “Antiafrodisiaco per l’amor platonico”.
Putin – “Il più occidentale
di tutti i russi”, secondo Al Bano, il cantante, che in Russia è molto popolare,
e più volte ha cantato davanti a Putin. A Roberta Scorranese che gli chiede
(“Corriere della sera” di martedì 29): “Lei ha conosciuto Putin”, Al Bano
risponde: “Molto bene, ho cantato davanti a lui tante volte. Posso dire che è
il più occidentale di tutti i russi, penso che sia stato mal consigliato”.
È così, nei 25 anni di vita politica Putin è sato sicuramente “il più
occidentale” dei governanti russi, sulla scia di Primakov, il diplomatico che
lo precedette a capo del governo. Ma è occidentale anche nell’aggressione all’Ucraina,
in Crimea dapprima e poi nel Donbass. L’irredentismo è ben occidentale, anche
se esercitato imperialmente – la Polonia vincitrice a danno della Germania,
p.es.: lo spirito tribale è ben all’origine dell’Occidente.
Whatever it takes – Il
mantra cult di Draghi in difesa dell’euro ha un antecedente, bizzarramente
quasi eguale nell’inglese in cui è stato anch’esso tradotto, come quello di
Draghi, nelle memorie di Hjalmar Schacht, “Confessions of «The Old Wizard»”. A p. 303 Schacht a colloquio
da Hitler, che voleva sondarlo per il
ritorno alla presidenza della Reichsbank, a metà maro 1933, quindi col primo
governo Hitler, del partito Nazista con lo Zentrum, richiesto con quale somma
(investimenti pubblici) a suo avviso la Reichsbank, la banca centrale, avrebbe potuto
o dovuto contribuire alla lotta alla disoccupazione, afferma: “La Reichsbank
deve fornire qualsiasi somma necessaria (“whatever will be necessary”) a
togliere dalla strada l’ultimo disoccupato”.
Schacht tornò alla Reichsbank, finanziò un numero vasto di lavori
pubblici, comprese le (allora nuove) autostrade – e divenne pure ministro
dell’Economia.
letterautore@antiit.eu
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