venerdì 4 ottobre 2024

L’immigrazione è semplice, vuole consolati e visti – risparmiando sugli “aiuti”

Perché non usare i fondi – a fondo perduto, e senza effetto – della cosiddetta cooperazione allo sviluppo per una sana politica dell’immigrazione, invece dei disperati sul gommone, quelli che non sono morti nella traversata? Si vara ogni anno una legge flussi, per mezzo milione di immigrati, senza dire chi cercare, dove e come. Un’assurdità. Tanto più che organizzarsi sarebbe stato in tutti questi anni, ed è ancora, semplice.  
Che l’Europa non si sia data, in trent’anni di pirateria di merce umana, una politica e una struttura amministrativa dell’immigrazione – di cui tutti i paesi europei hanno bisogno - è la colpa forse maggiore di questa questa strana creatura che è la Ue, nata ma non cresciuta. Tutti i paesi di forte immigrazione l’hanno organizzata, Stati Uniti, Canada, Australia, Argentina anche, quando era ricca, Uruguay. L’Europa no, solo i vigilantes, inermi. Mentre organizzarla sarebbe semplice. E a costi inferiori, nel senso proprio del termine oltre che in quelli umani, di odissee, mortificazioni, morti - nel senso delle risorse messe in campo e sprecate per salvataggi, accoglienza, controlli.
Una politica dell’immigrazione dovrebbe essere europea, stanti gli accordi di Schengen, di libera circolazione all’interno della Ue. Ma anche alla sola Italia ne converrebbe una, Schengen o non Schengen, all’Italia cioè da sola, nel Piano Mattei o come si vuole chiamare un’iniziativa nazionale: organizzarsi converrebbe da tutti i punti di vista, con consolati specializzati in varie città africane, completi di controllo medico. Per il mezzo milione di visti, o quello che è il fabbisogno annuo di lavoro immigrato.
Organizzare una rete di consolati per i visti in Africa e negli altri paesi di provenienza sarebbe costoso? Neppure questo è vero. Si darebbe un aiuto vero allo sviluppo dei paesi di provenienza. E si farebbe un risparmio sicuro di risorse, sulle spese attuali per l’“accoglienza” (Marina militare, le ong di settore, una miriade, la burocrazia dell’Interno). E per gli “aiuto allo sviluppo”.
Gli “aiuti allo sviluppo” che l’Italia profonde da quarant’anni nel bilancio 2023, sotto varie voci (contributi alla politica Ue di aiuti, partecipazione a fondi specializzati, banche, etc., “politiche di vicinato”, e gli “obiettivi della cooperazione”, ben dieci), hanno ammontato a 6,2 miliardi. Più le spese “a sostegno dei processi di pace”, le spese militari all’estero – di cui i documenti non quantificano il costo, ma si sanno ammontare sui 2 miliardi l’anno. Sono tutti aiuti, questi cosiddetti allo sviluppo, a vantaggio di beneficiari italiani: università, enti locali, ong, aziende “specialmente qualificate”. Tutti interessi difficili da aggredire. Ma una vera politica dell’immigrazione sarebbe il solo vero aiuto allo sviluppo, dei paesi africani e viciniori. Oltre che di beneficio (con risparmio) all’Italia.

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