L’Italia ricca è povera
La disoccupazione è ai minimi, “ma il
tasso di occupazione è ancora basso”. E “che tipo di lavori stanno aumentando”? “La risposta è che si tratta di lavoro povero.
Lo dimostrano i consumi interni”, fiacchi, di basso prezzo, da paese povero: “Sta
aumentado l’occupazione ma non il reddito disponibile”. Alessandro Profumo, ex
banchiere (Unicredit, Mps), poi amministratore delegato di Finmeccanica-Leonardo,
in entrambe le posizioni di grande esperienza internazionale, si fa le domande
e si dà le risposte, in conversazione con Dario Di Vico, su “L’Economia”.
L’Italia in realtà espelle lavoro
qualificato. Espelle “cervelli” e si riempie ogni anno di mezzo milione di manovali
e braccianti senza mestiere e aiuti domestici non qualificati, col problema
della lingua – da poter pagare così anche meno. Ha scelto trent’anni fa, al momento
della globalizzazione, un profilo produttivo da paese emergente, unica bussola
della competitività l’esportazione a costi inferiori, e non ne esce.
La competitività fonda solo su un
costo del lavoro compresso, spiega Profumo. Esito “di una strategia della
competitività centrata sui costi e non sul valore aggiunto, anche se ottenuto
lavorando in nicchie di mercato”. Si esporta comprimendo i costi, più che per qualità
e innovazione – creazione di valore.
È
così che l’Italia con più occupati e con più esportazioni resta il parente (sempre
più) povero dell’Europa. Quello cioè che, fondatore e tutto dell’Unione Europea,
fra le maggiori economie del continente, secondo solo alla Germania per
industria ed esportazioni, è il pase meno democratico in termini di produzione
e di reddito. Quello, dice Eurostat oggi, dove “l’ascensore sociale” è fermo:
nel 2024 un terzo degli adulti poveri viene da famiglie povere (all’estremo opposto,
la Danimarca, meno di uno su dieci). Chi è nato povero ha una “buona” possibilità
di restarlo - peggio dell’Italia, in tutta l’Europa, si vede solo in Romania e
in Bulgaria. ed è tutto dire.
L'Italia
non è un Paese povero, metà Paese ha beni e consumi da ricchi. Ma non sa far
crescere la ricchezza: i nuovi produttori, i nuovi consumatori, regionalmente il
Sud, socialmente le periferie e la provincia scollegata.
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