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Maria, vergine ribelle
Una Maria femminista, nel
minuscolo villaggio di Nazaret, pochi capanni di pietra. Contro
il padre violento. Contro la madre vittima e carnefice. Contro i ragazzi e ogni
altro uomo. In sfida perpetua, anche con gli elementi. E ignorante, con suo cruccio.
Finché il falegname Guseppe, una sorta di nobiluomo al confronto con l’umanità
macilenta e violenta che attornia la ragazza, non la salva, con la sua tranquillità
d’animo e l’intuito pedagogico. Per un matrimonio che la stessa Maria vorrà,
casto.
La ribellione Maria
estenderà poi anche all’Angelo che vine a dirle la decisione del Signore Dio.
Finché, anche qui, Giuseppe non le spiega che è inutile prendersela con Dio, “Dio
è silenzio”, la decisione deve essere sua – la decisione di dare vita al
Salvatore. A lei basta l’asinello, e un po’ di geografia per sapere dove è l’Egitto,
e la partenza.
Una performance tutti
azimut, e sempre sopra le righe, per Benedetta Porcaroli, in campo a ogni scena.
Assistita a tratti dal Gassmann-Giuseppe. Meglio di tutto è la Galilea lunare, ma piena di acque.
Un curioso ritratto della
Madonna. vergine nel senso proprio, adolescente vivace, curiosa, ribelle. dipendente.
Si direbbe femminista – ma, poi, Giuseppe-Gassmann? Curioso oggi, che il femminismo
non sa nulla di Maria e non se ne duole. È il primo o secondo romanzo di
Barbara Alberti, anni 1970, quando aveva un altro senso – del femminismo che ancora
discuteva se Dio (non) è donna.
Paolo Zucca, Vangelo
secondo Maria, Sky Cinema, Now
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