zeulig
Filosofia - Arnauld promise al duca di Louynes
d’insegnare a suo figlio a pensare in cinque giorni. E ci riuscì: L’arte di pensare redasse con
Pierre Nicole in sei giorni, niente è impossibile, e poi la ridusse a quattro
quadri di quattro giorni (capire, giudicare, ragionare, ordinare)
– a Gombrowicz bastano sei ore e un quarto,
ma non si ride.
Globalizzazione – (In termini desueti, prima dell’evento, se ne potevano delineare
presupposti e esiti. Utili da riprendere ora che il vento politico va in senso
inverso, dovendo\volendo gli Stati Uniti bloccare il fenomeno Cina): L’impresa
multinazionale pulsa della vita del mondo, nel quale il suo corpo è sparso, sia
pure il cervello o il cuore radicato in un punto. Quando l’impresa capirà di
nuovo se stessa e l’epoca, l’esigenza di portare alla storia gli esclusi,
allora sarà un fuoco d’artificio incessante. La democrazia si radica nell’economia,
il mercato è il luogo delle idee. Gli in ingredienti del mercato, mano
invisibile, trasparenza, egualizzazione, ne fanno una filosofia al di là dello
scambio: la domanda e l’offerta non sono numeri ma ipotesi. Nel loro disegno, e
nelle intersezioni, sono giudizi e non fatti, occasioni tra infinite
possibilità. È così che il denaro è la rivoluzione: scardina le società senza
neppure fare pum! col dito. E metterà il Terzo mondo alle costole
dell’Occidente adiposo, esso e non gli aruspici terzomondisti - che più sono rumorosi
dove l’imperialismo è dichiarato, in Francia e negli Usa. L’impresa artiglierà il
Terzo mondo, lo imboccherà, ne irrobustirà i pettorali in palestra: ha bisogno
di vendere, dovrà renderlo capace di comprare.
Ozio
– Rousseau, che voleva l’uomo “naturalmente ozioso”, in questo ci
coglie - è incredibile quanto l’uomo è ozioso pure in questa epoca laboriosa, è
per riposare che si fatica: “È la pigrizia che rende laboriosi”.
Politica - Se l’uomo è animale
politico, è imbarazzante non essere d’un partito, non più. Ma, non lo diceva
Goethe?, la coerenza è un valore sociale: gli altri vogliamo che siano
coerenti, noi ci godiamo l’incertezza. Per la mimesis, processo di creazione letteraria per eccellenza poiché lo
vuole Aristotele, e dunque obbligato: rifare l’azione, organizzare l’evento.
Che è, guardando, vedere lo scheletro. Non al modo di Bradbury, il signor
Harris che si scopre dal radiologo. Ma piuttosto della lince, o Baudelaire, o papa
Innocenzo III, Lotario dei conti di Segni, che sotto la bellezza vedono lacerti
sanguinolenti. E si finisce in politica kantiani, attestati sulla pratica negativa.
Costernati dalla
moltitudine di Platone: “Ai molti molte cose paiono vere”.
È pure semplice, non attendendosi nulla dallo Stato, che etico non è, solo un mazzo
di politici. Il diritto è al più “un ostacolo agli ostacoli della libertà”. Gli
uomini tutti politica fanno senso, più dei sentimentali. Sono animali che
errano nel bosco, tanto imponenti quanto irresoluti.
Politicamente corretto – Ma non è un catechismo?
Storia - “La
storia”, opina Lorenzo Valla, “ci fa partecipi e senza danno giova all’uomo,
inseguendo la verità per così dire con le navi e i cavalli”.
La rivoluzione è credere che la storia vada a
un fine. Ma che storia è questa?
La storia non spiega la bellezza: non la natura, né il rapporto
con gli altri.
Fu – è –
l’arma del colonialismo. che fu soprattutto espansivo in campo
gentilizio. Per la superfetazione della storia in forma di tradizione, e la
fabbrica dei nobili. Moltiplicandone il seme nell’esercito, la scuola, lo
sport, per l’epica della caccia e la guerra, e nel terziario. Il trafficante ci
tiene, e lo ufficiale, il funzionario, il giudice, l’agricoltore - il medico e
l’ingegnere no, che si applicano, né il negoziante, che è greco, asiatico,
ebreo, ed è concreto, il commercio è genere faticativo, ingrato. Lo scoprirono
con gioia gli stessi socialisti quarantottardi o comunardi, deportati in
Algeria o al Capo: divenuti agricoltori si atteggiarono a gentiluomini di
campagna. Tutti nobili gli africani dopo le colonie, è il lascito più durevole:
pochi stimano la libertà, l’autostima dei lavoratori. L’invenzione della
tra-dizione vi fu fertile, degli anziani contro i giovani, gli uomini contro le
donne, una tribù contro l’altra, e c’è un pedigree
pure per gli ascari.
La nostra
storia riproduce il primo monologo del Faust,
niente di più, quando Faust vorrebbe lasciare i libri per il vasto mondo, e
sfoglia Nostradamus. Ma basta evitare il retromondo di Nietzsche che le persone
in condizione abietta si fabbricano, paradisi terrestri e sfere angeliche, il
realismo è più necessario della creazione. Del
superuomo di Nietzsche, che si vuole più che un uomo per il desiderio di
assoluto, aveva detto san Paolo agli ateniesi, lodandone l’altare al Dio Ignoto.
Se non che il professore di Basilea, dice Solov’ëv, ha preso a scrivere sul
superuomo “in generale”, come il gogoliano Tentetnikov, il quale scriveva sui
“generali in genere”, secondo quanto gli prospettava l’anima persa Cìcikov.
Ora, il metodo Cìcikov può andare bene per il pubblico dei disturbati, che se
piove si disperano, e se c’è il sole. O per il Bonce d’Isaac Peretz, che “visse
come un grano di sabbia incolore sulla spiaggia, confuso tra mille suoi
simili”. Si può menare vanto di essere inattuali, più lunghi delle spanne della
storia. Ma per chi? Non per la storia. O del troppo amore. Di cui Aristotele
però annota: “La sensibilità rivolta a più oggetti è meno sensibile alle
singole realtà”. Cioè non è sensibile.
Le novità accelerano la storia. O la deragliano? Anche.
Può la
storia deragliare, da quale percorso? In realtà non può deragliare, perché non
va su un binario, può derapare, come un’automobile su una pista ghiacciata – e sbattere.
Ma può anche non avanzare, senza rischio: la tecnica ciclistica del surplace
si addice alla storia, come paura di riflessione, momento e luogo di osservazione
– la storia sa fare tutte queste cose insieme, ha mille occhi.
Tempo – “Perdere il tempo” naturalmente non si può, il tempo non è nostro, di proprietà.
Verità - La rivoluzione può essere un caso del bene che non è vero, e dispiacere a Socrate e Platone, i quali il bene identificano con la verità.
Anche la
verità di una rivoluzione può non essere un bene. E tutto questo può essere, è,
conservatore e reazionario. Ma non in una prospettiva critica, nella quale si
cerca la verità. La verità è nel vocabolario, secondo Foucault.
“La verità vuol star di sopra”, è assioma di Bertoldo: non importa sopra chi ma deve cavalcare.
“Impugnare la verità conosciuta” era, ed è, uno dei sei peccati contro lo Spirito Santo.
zeulig@antiit.eu
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