venerdì 4 ottobre 2024

Vita avventurosa di una torinese tranquilla

“Di Togliatti mi ha sempre colpito il viso segnato che gli conferiva un’espressione drammatica. Pensavo fosse la conseguenza di quella selezione staliniana che aveva subito passando attraverso il lavoro nell’Internazionale, la vita a Mosca, la guerra civile in Spagna”. A differenza di “altri dirigenti comunisti, con esperienze non dissimili”. Longo per esempio (“bello, con gli occhi azzurri”) non ne recava segno: “Togliatti, non che sembrasse avere dei rimorsi, ma non era passato indenne attraverso tutte quelle vicende. Era in fondo uno sopravvissuto per caso. Ci si chiedeva a volte perché Togliatti non fosse stato ammazzato anche lui da Stalin. Ricordo la tesi di Karol che diceva: «Un professore, con un’aria un po’ petulane, forse Stalin non lo considerava un tipo pericoloso»” – lo scrittore franco-polacco K.S.Karol, analista dell’Europa orientale per il “Nouvel Observateur” e “Il Manifesto”, compagno di Rossana Rossanda.
Così e non peggio, il sottinteso del titolo – giusto un modo di dire meridionale. Ma sono memorie grate, di una vita avventurosa, vissuta con singolare equilibrio, di una ragazza (tale era rimasta in età avanzata) torinese. Raccolte da Brunella Diddi e Stella Sofri in clinica, nel corso di una lunga degenza, e pubblicate in vita della narratrice, nel 2004.
Lisa Giua, poi sposa di Vittorio Foa, col quale ha fatto tre figli e di cui ha conservato il nome anche dopo la separazione, dolorosa, si ricorda ragazza spensierata e felice a Torino. Con i Gobetti, Ada, Paolo. Con i Levi, Mario, Natalia poi Ginzburg, Paola, “la maggiore delle due sorelle, bellissima e strepitosamente elegante”, sposa di Adriano Olivetti. E i Croce, specie la figlia Lidia, nelle vacanze annuali a Pollone – “luogo di villeggiatura amato dai liberali”, i Carandini, gli Albertini, “il conte polacco Gawronski”, Franco Antonicelli. Benché di famiglia vessata dal regime: il padre, socialista, chimico rinomato, condannato nel 1935 a quindici anni (se li farà fino al 1943) – lei lo va a trovare in carcere – e il fratello Renzo, carcerato a 17 anni, processato e assolto, esule in Francia con gli sci ai piedi sui sentieri alpini durante una vacanza, morto in Spagna nel 1938, volontario delle Brigate internazionali. Staffetta intrepida, anche spericolata, nel 1943-1945, fra Torino e Milano. “Quanto vi dovete essere divertiti!” ricorda di Calvino a commento del manoscritto di Ada Gobetti, “Diario partigiano”.
Lisa si è divertita anche dopo. Senza chiasso, con occhio limpido. Attraverso le tante esperienze, politiche, di cui qui racconta, e personali, che per lo più tace, se non piacevoli per tutti. E onesta sempre, esercizio non facile, avendo attraversato più esperienze politiche, socialista, partigiana, comunista, vicina ai “movimenti”, e in particolare a Lotta Continua. Persona pratica, moglie e madre, e studiosa, dell’Europa orientale e del Terzo mondo. Giornalista a “Rinascita”, il settimanale di Togliatti.
Ricorda per lo più grati. Della vita spensierata delle famiglie ebree “bene” a Torino, anche dopo le “leggi” di Mussolini. Anche dopo i bombardamenti: “A Torino le prime bombe cominciarono a cadere nel 1940, dopo l’entrata in guerra dell’Italia. Ricordo che la prima notte fu colpito l’Ospizio dei Vecchi…. (ma) non ricordo un clima di particolare paura in giro….Noi portammo i libri in cantina, perché mio padre li potesse trovare quando fosse uscito di galera”. Di Togliatti visto da vicino alla redazione di “Rinascita”. Di Enrico Minio, il comunista perfetto, poi senatore, poi suicida. Con molte verità, alcune sperimentate di persona, che ancora attendono degli storici imparziali. Sulla sinistra politica - “i socialisti, a differenza dei comunisti, furono dispersi dal fascismo”. La banda Koch, del terrorismo nazifascista, a Milano, dopo Roma, vista da vicino. Senza partito preso: “Ciò non vuol dire che da una parte ci fossero i malvagi e dall’altra i buoni. Ho memoria di guizzi di spietatezza negli occhi dei «nostri»”. Mentre “ci furono molti casi di tedeschi che aiutarono i braccati” - e ne porta personale testimonianza: “Quando ero rinchiusa nelle cantine della banda Koch a Milano, fui visitata da un medico militare e da un ufficiale tedeschi, che fecero trasferire me e le altre donne nel più abitabile carcere di San Vittore”. I suoceri a Torino furono salvati nel 1943 dalla deportazione, per essere ebrei, da un ufficiale tedesco. A Sant’Anna di Stazzema l’eccidio fu guidato “da italiani con il volto coperto, una ventina di persone furono salvate da un giovane soldato nazista”.
Sulla Resistenza invece si spinge a rischiare: “È vero, la Resistenza è stata un fatto minoritario”. C’era sostegno ma non la nazione in armi. E non è stata e non può essere un’ideologia. Non può essere “irrigidita e imbalsamata….  nei riti dell’Anpi” – “la retorica resistenziale era ancora più intollerabile quando si accompagnava a una pretesa superiorità morale”. Anticonformista poi sul dopoguerra, sul colpo il colpo di Stato sovietico a Praga nel 1948. Il partito, il Pci, non ne fu scosso, anche se molto si sapeva del regime russo da Franco Venturi, addetto culturale a Mosca in quegli anni, e da sua moglie Gigliola Spinelli - “molte tensioni sorsero anche con i cattolico-comunisti: Balbo, Motta, Sebregondi, Napoleoni, che erano usciti dal partito con un manifesto pubblico”. Ma l’“egemonia” comunista poi dice una favola: “Negli anni ‘50 c’erano molti spazi vuoti che la destra avrebbe potuto occupare più di quanto non abbia fatto” (ma i ha occupati, e come: la Rai, l’Ansa, i giornali).
Lisa contesta anche la guerra civile. Il fascismo era già morto, due volte, la repubblica di Salò era di facciata per l’occupazione tedesca. E l’Italia era quella che era stata. Ancora dopo la Liberazione non riconosceva il figlio nato da madre non sposata – non poteva “denunciarlo” la madre, non poteva “riconoscerlo” il padre: “La regolarizzazione della posizione di mia figlia (Anna Foa, la storica, n.d.r.), nata nel 1944 e denunciata con il nome di genitori inesistenti, richiese una serie lunga e complicata di cavilli giuridici. E bene andò che non fummo denunciati”.
Con molti flash curiosi. Visconti, “un vero signore, cordiale, alla mano, e potrei dire persino galante”, che “non era iscritto al Pci perché, essendo omosessuale, non lo avevano ammesso”. Il lavoro a “Rinascita” dal 1962, quando da mensile divenne settimanale, specialista dell’economia dei paesi dell’Est. A “Rinascita” capita anche Eugenio Scalfari, “allora giovane di belle speranze”, per “documentarsi per un viaggio in Urss” – “quando tornò scrisse un libretto che Togliatti mi passò dicendomi di stroncarlo” – è “Il potere economico in Urss”, 1962. Di “Rinascita” ricorda ancora che né l’Algeria né il Vietnam erano temi graditi. Wolf Bierman, il cantautore tedesco, un compagno, contestato a Firenze dai comunisti. Giancarlo Pajetta giovane, “sovietizzante” per principio. Siqueiros da vicino, l’“assassino mancato” di Trotzkij – “un piccoletto, che saltellava per Botteghe Oscure… e pretendeva trattamenti da principe…. Abituato così in Urss”. Joyce Lussu, di suo Salvadori, la bionda moglie di Emilio Lussu, già capitano delle brigate Giustizia e Libertà fra Toscana e Marche, “donna fascinosa, di straordinaria vitalità”, con “doti da tribuna della plebe” e “un’indole un po’ avventurosa”. Il non nominato avvocato Maris, “principe del foro milanese, avvocato di spicco del Pci”, che il partito darà come avvocato d’ufficio a Leonardo Marino contro Adriano Sofri. E due pagine al fulmicotone sul processo contro Sofri, sui giudici più che sui Carabinieri che lo avevano montato. Infine Alexander Langer, tanto impegno, tanto proficuo, e il suicidio improvviso.
Lisa Foa, È andata così, Sellerio, pp. 2011 € 9

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